“Non vietate i nomi salsicce e bistecche per i prodotti vegan”: in Europa si vota

Il prossimo 23 ottobre si voterà a Strasburgo: i prodotti vegetali che richiamano la carne potranno ancora essere denominati come ora?

Il prossimo 23 ottobre in mattinata il Parlamento Europeo dovrà decidere: le aziende che producono alimenti vegani potranno ancora usare i termini “hamburger”, “salsiccia”, “bistecca” o “scaloppina” per i proprio prodotti, oppure verrà sancito per regolamento che l’uso di questi nomi determina grande confusione negli acquirenti?

La questione sulla denominazione dei prodotti di origine vegetale torna alla ribalta e dopo il regolamento che impone di non poter utilizzare termini che genererebbero confusione nel mondo dei sostituti del settore lattiero-caseario, ecco che tocca alla carne-finta poter ricevere uno stop definitivo.

Chi chiede questo divieto?

Gli emendamenti, due – il 165 e il 171 –  che metterebbero al bando le denominazioni che richiamano prodotti a base di carne, sono stati presentati dall’europarlamentare Eric Andrieu e sono sostenute dall’organizzazione ombrello Copa- Cogeca, ossia il Comitato delle organizzazioni professionali agricole e la Confederazione generale delle cooperative agricole. In un comunicato stampa dello scorso 6 ottobre le organizzazioni spiegano: “Il settore dei prodotti di origine vegetale dovrebbe essere più creativo. Invece di investire nelle attività di lobbying, queste aziende dovrebbero lavorare su nuovi concetti di marketing, per ottenere il riconoscimento dei consumatori e risolvere il paradosso fondamentale dell’industria delle imitazioni vegetali. Un’industria che si sforza di diventare di tendenza non ha bisogno di costruire il proprio successo servendosi di un marketing incentrato su prodotti pre-esistenti e sulla lotta a questi ultimi!”.

Questa campagna è sostenuta dalle seguenti organizzazioni dell’UE: CLITRAVI (Centro di collegamento per l’industria di trasformazione della carne nell’Unione europea), EFFAB (Forum europeo degli allevatori di specie zootecniche), AVEC (Associazione europea dei trasformatori e negozianti di pollame dell’UE), Copa-Cogeca (la voce unanime degli agricoltori europei e delle loro cooperative), IBC (Confederazione internazionale dei bieticoltori europei), UECBV (Unione europea del commercio del bestiame e delle carni).

Gli alimenti vegetali e una nuova cultura del cibo che prema sulla diminuzione mondiale del consumo di carne, è al centro della soluzione contro il Cambiamento climatico

Chi si sta opponendo a questa eventualità?

Con la campagna “Stop the veggie burger ban” – presentata in Italia dall’associazione Essere Animali – la European Alliance for Plant-based Foods (EAPF), l’Alleanza europea per gli alimenti a base vegetale – che ha l’obiettivo di facilitare a livello globale la transizione verso un’alimentazione vegetale e che include aziende del calibro di Nestlè, Oatly, Beyond Meat e Upfield, chiede di ripensare questo approccio e questi emendamenti: “Chiediamo ai membri del Parlamento europeo di votare contro queste assurde restrizioni, il cui unico effetto sarebbe quello di ostacolare lo sviluppo e il consumo di alimenti a base vegetale, in forte contraddizione con gli stessi obiettivi dichiarati nel Green Deal europeo, il programma per rendere sostenibile l’economia dell’Unione europea e nella strategia Farm to Fork, la quale afferma esplicitamente la necessità di responsabilizzare i consumatori verso una dieta a base vegetale, per consentire scelte alimentari più sane e sostenibili” spiega Claudio Pomo, responsabile sviluppo di Essere Animali.

Inquinamento-da-allevamenti-intensivi-come-funziona

Gli allevamenti intensivi, come spiegato anche dai documenti emersi dall’IPCC, sono una delle principali fonti di emissioni di gas serra

Secondo le associazioni che difendono il diritto alla denominazione “classica” dei prodotti vegan, “termini come “hamburger vegano” o “salsiccia vegana” non confondono, anzi forniscono diverse informazioni utili al consumatore, non solo sull’assenza di ingredienti di origine animale, ma anche sul gusto e sull’uso che ci si può aspettare dal prodotto. Un eventuale divieto non terrebbe conto dello scopo descrittivo di tali termini, che permettono di comprendere la forma, le modalità di utilizzo e il sapore degli alimenti”. Essere Animali parla di “censura preoccupante” da parte delle organizzazioni di categoria che producono carne e derivati: “Nessuno si sognerebbe mai di proibire il termine burro di arachidi, eppure tutti sappiamo che non c’è burro di origine animale all’interno – continua Pomo – il rischio è che la capacità commerciale delle aziende che hanno deciso di produrre alimenti vegetali ne risulti soffocata, mentre noi chiediamo che gli europarlamentari respingano questi emendamenti che sono in forte contrapposizione con gli sforzi per una Politica Agricola Comune più green, la quale giocherà un ruolo fondamentale nel supportare il contrasto al cambiamento climatico e promuovere un’alimentazione salutare e sostenibile per oltre 500 milioni di consumatori”.

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