Godersi le cause e “fottersene” degli effetti: il pensiero medio che distrugge il mondo

Conseguenze

Sono state lunghe giornate di: “Si, ma io di carne ne mangio poca”, oppure “Allora dovremmo essere tutti morti”, “Mio nonno ha 100 anni e mangia salame 4 volte alla settimana”, “Ha vinto la lobby vegana e io non ci sto”, “Non possiamo più mangiare niente” e compagnia cantante. In molti hanno dato la loro “opinione” e fra questi troviamo Selvaggia Lucarelli a cui è ispirato il titolo di questo articolo: in un post sulla sua pagina Facebook con parecchi “mila” like e altrettante condivisioni, racconta: “Io mangio carne rossa (non a quintali eh) perché non ho mai avuto problemi con le conseguenze nella mia vita. Voglio godermi le cause e fottermene degli effetti”. E’ un peccato che questi effetti non riguardino solamente lei, e chi la pensa come lei, ma che, mentre ci si gode la causa, altrove si uccida, si devasti e si depauperi per la conseguenza.

Abbiamo anche chi parla di “coloritura vegana” come di un “fenomeno d’élite, da alta borghesia che fa tendenza, un po’ come il marxismo attorno al Sessantotto”, in poche parole la stessa storia, vecchia e stancante, del fatto che essere vegetariani o vegani sia una moda, un passatempo e una “coloritura”, per l’appunto.

La questione sulla quale mi piacerebbe porre l’attenzione è invece un’altra: più vecchia della storia delle “proteine nobili” e del “Ma la carne si è sempre mangiata” ce ne è un’altra: il fregarsene di quello che succede attorno a noi e di quello che succede ad altri, possibilmente, lontani da noi. Le conseguenze più gravi in assoluto sul pianeta Terra e anche sulla nostra salute derivano proprio dalla nostre scelte alimentari. Nessun acquisto che facciamo è esente dal generare una conseguenza più o meno grave sul resto di ciò che ci circonda. I dati forniti dal documentario “Cowspiracy”  (dati tratti per la maggior parte dalla FAO), sono molto chiari: l’allevamento intensivo a fini alimentari sta distruggendo il sistema mondo e non è questione di “moda” o di coloriture. Perché se non si sente l’empatia verso gli animali, cosa più che legittima, non si può far finta di nulla leggendo i dati. Non esiste una “lobby vegana” esiste però un mondo legato alla carne, alla sua produzione e alla sua vendita, molto potente. Ecco perché , per esempio, esiste una legge negli Stati Uniti che impedisce a chiunque di documentare cosa accade all’interno delle aziende che producono carne: il rischio è una “semplice” accusa di terrorismo. E’ lo stesso motivo per cui qualche anno fa, invitata ad una trasmissione radio di una nota emittente nazionale e pubblica, mi venne chiarito che non avrei dovuto usare i termini “vegetariano” e “vegano” (cosa che io feci ugualmente) ed è sempre lo stesso motivo che fa in modo che nelle trasmissioni in cui si parla di scelta vegetariana o vegana il conduttore o l’ospite principale sostengono apertamente la “tesi carnivora” e, con metodi ben conosciuti a chi fa comunicazione, si sminuisce la posizione opposta.

Ora, in generale, e non solo sulla questione del mangiare più o meno carne, ci sarebbe da fare un passo indietro e domandarsi almeno una volta al giorno: “Quello che sto facendo crea un danno a chi e a cosa mi sta intorno? ” e se la risposta è “si”, “Posso fare qualcosa per evitare tutto questo”? L’attenzione per le conseguenze di ciò che si dice e si fa è uno stile di vita e a chi obietta con “Tanto se lo faccio io non cambia nulla, lo faranno gli altri”, mi piace ricordare una citazione che su Vegolosi amiamo molto “Nessuno fece errore più grande di chi non fece nulla perché poteva fare poco”.

Federica Giordani

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