Definire “vegano” Maxim Lyutyi in relazione alla morte del figlio è ridicolo

L’uomo, 44 anni, sosteneva online di seguire un regime crudista, ma le ragioni della morte del figlio di 30 giorni non hanno nulla a che vedere con la sua alimentazione

Sono stati pochi i giornali che hanno dato correttamente la notizia della tragica morte di Kosmos, il figlio di un mese di Maxim Lyutyi che al momento è sotto indagine nel suo paese con l’accusa di grave negligenza nei confronti del neonato. Moltissimi titoli hanno riportato che quest’uomo fosse “un influencer vegano” come se in qualche modo questo attributo avesse una correlazione con il dramma della morte del bambino. Leggendo i fatti è chiaro che così non è. Il fatto, risale ad un anno fa.

Per prima cosa un bambino di un mese non può essere nutrito in modo vegano, per il semplice fatto che fino allo svezzamento i bambini si nutrono di latte materno oppure artificiale (con formula vagana nel caso in cui la famiglia lo decida). Kosmos è stato praticamente lasciato morire di fame, secondo i dati riportati dalla stampa internazionale, seguendo un’idea folle di Lyutyi secondo il quale il neonato avrebbe potuto nutrirsi di raggi solari, impedendogli di fatto l’accesso anche al latte materno. Ecco perché titolare “Influencer vegano lascia morire il figlio” non ha nessun senso se non quello velato – ma non troppo –  di voler in qualche modo attribuire alla scelta alimentare dell’uomo (crudista e non solo vegano) una qualche responsabilità nella sorte del figlio. Immaginate di leggere la stessa cosa per il caso di altri bambini lasciati morire di stenti ma con il titolo “Mamma onnivora lascia morire di fame la figlia”: avrebbe senso?

Il bambino, secondo i primi accertamenti, è arrivato al pronto soccorso già morto: pesava 1 chilo e 300 grammi. Inoltre pare che l’uomo lo sottoponesse anche a immersioni in acqua fredda. Secondo alcuni giornali che riportano le prime confessioni di Maxim Lyutyi la sue idea era quella di dimostrare attraverso un esperimento diretto sul bambino che gli esseri umani possono nutrirsi di soli raggi solari. È chiaro quindi che il veganismo non c’entra proprio nulla dato che si tratta di una scelta alimentare perfettamente sana  e che esclude solamente gli alimenti di origine animale e, va chiarito una volta per tutte, non significa in nessun modo che i bambini non possano bere il latte materno.

Ora l’uomo rischia fino ad 8 anni di carcere mentre la madre del bambino, sulla quale Lyutyi ha cercato fin da subito di far ricadere la colpa delle condizioni del bambino, pare sia già stata condannata a 2 anni di servizi sociali. La donna, si legge in alcune fonti russe, pare avesse paura dell’uomo e temesse addirittura per la sua stessa vita. Inoltre le testimonianze di alcuni vicini di casa sostengono che Maxim Lyutyi non seguisse affatto una dieta crudista vegana, ma che si alimentasse in modo molto diverso lontano dai social grazie ai quali vendeva dei corsi di “purificazione pulizie tramite erbe” che avevano un costo di circa 25mila rubli, ossia circa 300 euro. Al momento sul profilo Instagram dell’uomo ci sono anche appelli da parte della madre a tutti per la raccolta di soldi al fine di portare avanti le ingenti legali.

Sono anni che la triade “bambini-veganesimo-danni alla salute” cerca di essere portata in auge dal giornalismo (non onesto) italiano e internazionale ma ogni volta, leggendo e ripercorrendo le vicende è evidente che la scelta vegan non ha mai nulla a che vedere con possibili danni alla salute dei più piccoli se non quando questa viene applicata in declinazioni personali, senza senso e pericolose al limite dell’ortoressia o di rituali magici o mistici che nulla hanno a che vedere con un veganesimo informato anche per i più piccoli.

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