Natalino Balasso parla alla nazione: “Cacciatori? Fanno ridere”

Natalino Balasso, vegetariano da anni, torna con il consueto discorso di Capodanno spendendo parole dure contro la caccia, il consumismo e i falsi miti della modernità

Il tradizionale discorso di Capodanno di Natalino Balasso, comico molto noto e amato soprattutto dalla community del web, quest’anno non ha risparmiato proprio nessuno: nel mirino le contraddizioni e le ipocrisie della nostra nazione in una lunga invettiva fatta di battute pungenti e tutta da ridere.

Dall’inquinamento ambientale (causato anche dalle sempre più complesse e ridicole luminarie natalizie di centri commerciali e abitazioni private), al mito fallace dell’eroismo contemporaneo, al consumismo senza limiti e senza senso (compresa la mattanza dei suini a Natale e l’eccidio degli agnelli a Pasqua) che passa attraverso l’elogio del “made in” Italy ma “fatto in” Cina: questo 2016 ha brillato per cattiveria e astio. Perché non si odia più la povertà, ma i poveri, dice Balasso.

Il comico – vegetariano-  ha lasciato ampio spazio alle sue riflessioni sui cacciatori e al loro essere “ridicoli”: “I cacciatori forse non lo sanno ma visti da fuori fanno ridere: ho capito che ti sei speso due stipendi per comprarti la mimetica di Star Wars, l’armamento leggero e i visori notturni che pare che vai in Afghanistan a liberare Angelina Jolie, ma lo sai anche a tu che vai a sparare a un fagiano tossicodipendente che l’hanno appena liberato da un centro di accoglienza e non è neanche del posto. Il fagiano quando vede il cacciatore gli va incontro per domandargli informazioni ma magari il cacciatore dentro di se si sente figo a giustiziare un volatile disorientato“.

A condividere la scena con Natalino Balasso, il rapper corregionale Nitro che, come in un moderno coro del teatro, commenta a suon di freestyle le amare e divertenti riflessioni del comico che per l’occasione cita più volte “Il fabbro” di Arthur Rimbaud, una poesia che parla di vera rivoluzione, di veri eroi e di un vero popolo cosciente.

(…) Il fabbro parlava con Luigi Sedici, un giorno
Che il Popolo smanioso gli stava intorno,
Strusciando su quegli ori i suoi panni sporchi.
Ora il buon re, ritto sulla pancia, era livido,
Livido come un vinto da portare alla forca,
E, umile come un cane, non recalcitrava,
Ché il fabbro, quel birbante dalle spalle enormi,
Gli diceva parole vecchie e cose strambe,
Da agguantarlo dritto in fronte, così! (…)

Serena Porchera

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