L’attivismo ambientalista di Sepulveda in un romanzo incredibile

Dal celebre romanzo dello scrittore e attivista cileno Luis Sepúlveda, un viaggio nella foresta alla scoperta degli unici antidoti che possono, forse, ancora preservarla: la cultura e l’amore

Non una biografia, né un romanzo o una favola e neppure un saggio ma, allo stesso tempo, ciascuno di questi generi. Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, dello scrittore e attivista cileno Luis Sepúlveda, venne pubblicato nel 1989 in memoria dei mesi che lo scrittore trascorse in Ecuador nel 1977 insieme agli indios Shuar, a seguito del suo esilio dal Cile a causa del colpo di stato a opera di Pinochet. Durante quel periodo, Sepulveda studiò da vicino l’impatto della civiltà coloniale sulla cultura e lo stile di vita dei nativi. Esplorò attraverso la scrittura l’eterno scontro tra il mondo degli uomini “civilizzati”, costantemente intenti a distruggere e costruire, e quello degli animali e degli indigeni, guardiani di tutti gli equilibri della foresta. 

Il romanzo, vincitore del Premio Tigre Juan, inizia con una dedica che è anche una promessa nel nome di una missione ben precisa: “Chico Mendes, caro amico di poche parole e molti fatti… Il premio è anche tuo e di tutti coloro che continueranno il tuo cammino, il nostro cammino collettivo in difesa di questo mondo, l’unico che abbiamo“.

Personaggi simbolici di una scelta artistica e politica

La narrazione si apre su un cielo minaccioso che sovrasta i margini più remoti della foresta ecuadoriana, più nello specifico nell’impervio paese di El Idilio. Luogo ai confini della foresta e della civiltà, El Idilio è il dove che raccoglie chi non appartiene veramente né all’uno né all’altro di questi due mondi. Ogni sei mesi qui sbarca il dentista Rubicondo Loachamin, portatore di cure ma anche di viveri e beni provenienti dalla cultura dei colonizzatori, fra di essi anche libri, o meglio, dei romanzi che parlano d’amore. Queste storie sono attese con trepidazione dal vecchio Antonio José Bolivar Proaño, protagonista solitario che dopo la morte della moglie si ritrova a vivere nella foresta insieme alla tribù indigena degli Shuar. La narrazione esplode, però, nel giorno in cui a El Idilio giunge un’imbarcazione che trasporta un cadavere. Mentre il sindaco del paese, detto il Lumaca, sostiene che l’uomo in questione sia stato ucciso proprio dagli indigeni Shuar, il vecchio Bolivar, analizzando la ferita sul corpo, non ha dubbi: è stato un tigrillo. Scopriremo che nessun uomo può sopravvivere al tigrillo, una femmina a cui sono stati uccisi i cuccioli e che ora vive per la vendetta.

Il vecchio Bolivar, quindi, su ordine del sindaco, sarà coinvolto in una spedizione alla ricerca del feroce animale. Inizia così il percorso fisico del protagonista, che è anche un viaggio nel tempo, dal quale emergeranno i ricordi di una vita selvaggia nella foresta, di un amore perduto e del suo essere né del tutto indigeno né del tutto “uomo civilizzato”, sino a uno scontro faccia a faccia con l’animale, la mamma tigrillo, incarnazione bestiale di un’indomita madre natura.

Bolivar e Sepulveda: l’attivismo ambientalista in un alter-ego fantastico

Ed è proprio nell’identità del vecchio Bolivar che l’autore sembra celare una parte di sé stesso. Bolivar è un ribelle, un diverso, un solitario che si esprime in toni delicati e poetici. Il vecchio che legge romanzi d’amore non parla un’altra lingua, ma è il solo ad aver imparato – grazie agli insegnamenti degli indigeni Shuaril linguaggio della natura. Bolivar sa uccidere uomini e belve ma allo stesso tempo ama perdersi nelle letture di romanzi malinconici e sentimentali

Al polo opposto del linguaggio della natura c’è, infatti, per il vecchio Bolivar, quello dei manoscritti che lui adora. Durante la spedizione scopriremo che Bolivar è l’unico uomo a saper leggere e a decifrare parole e concetti complessi, diversificandosi così – ancora una volta – da quegli uomini dalla pelle più simile alla sua. Tutta la narrazione è permeata da una chiave di lettura “bestiale”. Dal cielo tempestoso “a pancia d’asino” su cui si apre  – come un violento parto – l’intera vicenda, al sindaco detto “Il Lumaca” proprio perché uomo viscido nonché arroccato in un guscio di fragili ideali. 

Tigrillo: alla ricerca di un incontro con una natura madre e matrigna

Il cuore del romanzo batte nello scontro tra il vecchio Bolivar e la mamma tigrillo: diastole e sistole, in un ritmo tachicardico sino all’ultimo respiro esalato da chi dei due sarà costretto a soccombere. È proprio in questo conflitto, tra uomo e natura, che si dipana la lotta di Sepúlveda che, dopo la sua personale esperienza di vita tra gli indigeni, deciderà di divenire attivista per l’ambiente e gli animali. Il suo secondo romanzo Il mondo alla fine del mondo (1989),  pur spostandosi tra i freddi ghiacci dell’Antartide narra, in forma romanzesca, il suo impegno ecologista insieme a Greenpeace per la salvaguardia delle balene. 

Anche se il vecchio Bolivar sarà infine costretto a uccidere mamma tigrillo per garantirsi la vita, la morte dell’animale non viene accompagnata da alcun senso di vittoria. La vita strappata nella lotta non è un trofeo da appendere ma piuttosto un evento simbolico, un pronostico. In quello scontro drammatico e nefasto faccia a faccia con la natura selvaggia, risiede tutta l’impotenza di fronte a un processo di colonizzazione di un luogo incontaminato, una metastasi di distruzione sempre più pericolosa e irrefrenabile. Se, infatti, i coloni non avessero ucciso i cuccioli del tigrillo, la bestia non si sarebbe rivoltata verso gli uomini. Se l’uomo contemporaneo non stesse depredando la natura di tutte le sue risorse essa non sarebbe una matrigna in fin di vita sempre più priva di doni per noi. Ma se i toni della storia possono sembrare quelli di una favola il messaggio di pericolo, purtroppo, è realtà. 

Amore e cultura: sopravviveremo alla distruzione?

Esiste una cura contro la violenza umana per ritrovare un contatto con la natura? La soluzione per Sepúlveda, forse, è proprio nel vecchio Antonio José Bolivar Proaño, nel suo leggere romanzi d’amore. Quella dell’uomo è una lettura lenta, che egli assapora e mormora sillaba dopo sillaba, per non scordarla mai più. E così capitolo dopo capitolo, si impara anche a catturare i sentimenti e le idee che da questi paragrafi emergono come nuove terre da preservare nel nome dei due unici antidoti forse necessari per questa missione: la cultura e l’amore. Cultura dell’amore o amore per la cultura e per tutte quelle cose che, nella loro eterna bellezza, riescono a sconfiggere la barbarie umana.

Iscriviti alla newsletter e ricevi subito l'ebook gratis

Quattro ricette MAI pubblicate sul sito che potrai scaricare immediatamente. Puoi scegliere di ricevere una ricetta al giorno o una newsletter a settimana con il meglio di Vegolosi.it.  Iscriviti da qui.

Sai come si fa la salsa zola vegan? Iscriviti alla newsletter entro e non oltre l'11 maggio e ricevi subito la video ricetta

Print Friendly
0