Deforestazione, nuovi dati: causa principale legata ai pascoli intensivi, altri terreni diboscati per nulla

Una nuova ricerca si è posta l’obiettivo di stime più precise e dati meno generali sul tema al fine di invocare un’azione concreta a livello politico

Uno studio pubblicato alla fine di Settembre 2022 sulla rivista Science, ha indagato sulle cause principali della deforestazione tropicale. Il team di ricerca guidato dalla dottoressa Florence Pendrill della svedese Chalmers University of Technology, si è posto come obiettivo quello di fornire dati il più possibile esatti e stime più vicine al reale riguardo la situazione e la progressione della deforestazione nelle zone tropicali. I risultati sono stati decisamente poco incoraggianti e in parte hanno mostrato nuovi aspetti di questo dramma climatico.

Che fine fanno le foreste?

Uno dei dati più interessanti è che, se è vero che dal 45 al 65% della deforestazione è dovuta all’espansione della produzione agricola attiva nelle foreste, il resto della deforestazione non si traduce nell’espansione di terreni agricoli produttivi, bensì è il risultato di attività di disboscamento speculativo, problemi di proprietà fondiaria, agricoltura di breve durata e poi abbandonata nonché di incendi che si diffondono nelle foreste adiacenti. Insomma una buona parte del terreno ottenuto distruggendo le foreste non serve a nulla.

Un dato che viene confermato dalla ricerca, invece, è quello legato alle motivazioni per le quali i terreni vengono spogliati della loro vegetazione autoctona: “L‘espansione dei pascoli è di gran lunga il fattore più importante della deforestazione – si legge nella ricerca –  e rappresenta circa la metà della deforestazione. La coltivazione di palma da olio e soia insieme, invece, rappresentano almeno un quinto del totale, e altre sei colture – gomma, cacao, caffè, riso, mais e manioca – rappresentano probabilmente la maggior parte del resto, con grandi variazioni regionali e livelli di incertezza più elevati”.

La ricerca di nuovi spazi per l’allevamento intensivo e per la produzione di soia e palma da olio continuano ad essere le motivazioni principali di un disastro ambientale senza freni.

Anche i dati generali sulla quantità di terreni disboscati sono stati aggiornati. Il periodo analizzato dalla ricerca, quello compreso tra il 2011 e il 2015, mostra come “le stime precedenti ipotizzassero una deforestazione attuata su 4,3 e 9,6 milioni di ettari (Mha) all’anno, con la nostra stima parliamo di una quantità che va dai 6,4 a 8,8 di milioni di ettari all’anno“. Un dato impressionante che, secondo lo studio, è fondamentale per poter agire concretamente a livello governativo. 

“Questa valutazione evidenzia – spiegano i ricercatori – che, sebbene le politiche pubbliche e private che promuovono catene di approvvigionamento internazionali libere dalla deforestazione abbiano un ruolo fondamentale da svolgere, la loro capacità di ridurre la deforestazione sul terreno è fondamentalmente limitata perché da un terzo a metà della deforestazione causata dall’agricoltura non si converte in terreni agricoli gestiti attivamente. Inoltre, la maggior parte – circa tre quarti – dell’espansione dell’agricoltura nelle foreste è guidata dalla domanda interna nei paesi produttori, in particolare di carne bovina e cereali, inclusa gran parte della deforestazione in tutto il continente africano”. L’assenza di dati precisi, sottolinea ancora il report, è una delle chiavi dell’immobilismo generale su questo tema mentre dati più affidabili e precisi potrebbero mettere in moto azioni davvero concrete.

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