Si sa poco dei pesci negli acquari, tranne che vengono catturati in mare

Una ricerca pubblicata da Conservation Biology mostra una serie di dati su un mondo poco conosciuto e che nascondo sfruttamento animale

Se pensate che i pesci colorati e bellissimi che vedete in qualche acquario casalingo, magari anche in film e serie tv, arrivino da allevamenti, vi sbagliereste. Anche se pure in quel caso la cosa non sarebbe meno grave per il pesce – essere vivente che ha diritto ad una vita dignitosa e riva di dolore – una recente ricerca della Society for Conservation Biology, ha messo in evidenza che, nel mercato trainante americano, la maggior parte dei pesci arriva dal mare. Questi animali, quindi sono catturati in natura.

Lo studio, uno dei primi del suo genere, ha indagato il redditizio ma poco trasparente commercio online di acquari marini negli Stati Uniti mostrando come sia trainato da pesci di barriera corallina selvatici, tra cui compaiono specie minacciate dall’estinzione, evidenziando lacune importanti nei dati e, di conseguenza, negli approcci legislativi sul tema.

Cosa dice la ricerca

Su tutte le piattaforme e 13 popolari famiglie tassonomiche di pesci, sono state individuate 734 specie uniche in vendita, l’89,2% (655 specie) delle quali proveniva esclusivamente da cattura selvatica. Un totale di 45 specie erano di interesse conservazionistico (20 specie minacciate e 25 specie aggiuntive con trend demografici in calo), 38 delle quali, anche loro, provenivano esclusivamente da cattura in ambito selvatico.

Il commercio di pesci d’acquario marino si estende in oltre 100 paesi e coinvolge più di 2000 specie, la maggior parte delle quali sono catturate in natura per soddisfare la domanda internazionale, il che secondo i ricercatori mostra l’urgente necessità di dati migliori sui flussi commerciali e sullo stato delle popolazioni ittiche selvatiche. Gli Stati Uniti svolgono da tempo un ruolo predominante nel commercio di pesci d’acquario marino e attualmente assorbono quasi due terzi delle importazioni globali. Questo anche grazie all’ascesa delle piattaforme di e-commerce, che hanno iniziato a rimodellare le vendite negli anni 2000. 


La stragrande maggioranza delle specie coinvolte in questo commercio proviene dalla natura, il che solleva potenziali preoccupazioni per il sovrasfruttamento delle specie e gli impatti sugli ecosistemi. Inoltre a
lcune specie target presentano tassi di mortalità elevati lungo tutta la filiera come è prevedibile immaginare data la fragilità di questi animali e i lunghi viaggi in condizioni di stress ai quali sono sottoposti. 

I danni “collaterali” e la pesca al cianuro

Ma non solo. La cattura selvatica può influenzare anche le specie non adatte alla vendita per gli acquari attraverso la mortalità accidentale  e collaterale durante le catture, e può causare cambiamenti negli ecosistemi derivanti dalla rimozione di specie funzionalmente importanti. Inoltre il commercio di acquari marini ha anche facilitato l’introduzione accidentale di specie non autoctone oltre i confini biogeografici.
In più i pesci ornamentali marini vengono catturati spesso nei paesi in via di sviluppo dei tropici, come Indonesia e Filippine dove la loro cattura è stata storicamente (ma non invariabilmente) collegata a forme di pesca non sostenibili o non mirate, incluso l’uso del cianuro.  La pesca con cianuro (cyanide fishing) è una tecnica distruttiva illegale usata in vari paesi tropicali (specialmente nel Sud-est asiatico) per catturare pesci vivi, sia per il mercato alimentare di pesce di barriera (“live reef food fish”), sia per il commercio di pesci ornamentali per acquari. Le soluzioni velenose spruzzate in acqua hanno lo scopo di stordire o paralizzare temporaneamente i pesci rendendone più facile la cattura, danneggiando i coralli e spesso i pesci stessi. 

Secondo i ricercatori “l’industria dei pesci d’acquario rimane un segmento di grande valore ma poco studiato del commercio globale di fauna selvatica, che richiede urgentemente maggiore trasparenza e controllo” oltre che una più intensa attenzione da parte dell’opinione pubblica riguardo l’ennesima forma di sfruttamento animale ampiamente evitabile.

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