La produzione di pellicce costa all’Europa 446 milioni di euro l’anno
Un nuovo rapporto presentato alla Commissione del Parlamento Europeo, ha dimostrato il danno – anche economico – di un settore in declino da anni
L’allevamento di animali per la produzione di pelliccia nell’Unione Europea (UE) è un settore in perdita da anni e non ha futuro, né a livello economico né etico. Secondo un nuovo rapporto intitolato A full-cost account of the EU fur industry, redatto dall’economista ambientale Griffin Carpenter, il peso economico totale di questa industria che grava sui cittadini dell’UE è di 446 milioni di euro l’anno. Lo studio, promosso da organizzazioni come Humane World for Animals (precedentemente nota come HSI), fa luce sulla fragilità finanziaria del comparto.
Il rapporto evidenzia che i costi ambientali e sanitari imputabili all’allevamento superano di gran lunga il valore aggiunto lordo generato. L’industria delle pellicce sottrae risorse all’economia europea, partendo già da un valore economico negativo, con una perdita di 9,2 milioni di euro in termini di valore aggiunto. Il settore non è più finanziariamente sostenibile, avendo visto il valore delle vendite di pelli crollare del 92% negli ultimi dieci anni. Nonostante il declino, l’industria è tra i principali beneficiari di ingenti fondi pubblici, spesso sotto forma di compensazioni, che superano ampiamente le entrate fiscali che genera.
Oltre al deficit economico, la produzione di pellicce impone oneri esterni significativi. Il costo ambientale è stimato in 226 milioni di euro l’anno, derivante dai danni provocati da inquinamento e sfruttamento delle risorse. Inoltre, il settore rappresenta una grave minaccia per la salute pubblica, essendo un ambiente ad alto rischio per la diffusione di malattie zoonotiche. Si stima che le misure necessarie per prevenire la trasmissione di agenti patogeni costerebbero fino a 211 milioni di euro l’anno. Le forti emissioni del settore sono state associate anche a patologie respiratorie croniche e morti premature.
Dal punto di vista etico, il rapporto è stato presentato al Parlamento Europeo a poche settimane dal parere scientifico dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). L’EFSA ha affermato chiaramente che la sofferenza animale negli allevamenti è inevitabile e che i bisogni etologici degli animali non possono essere soddisfatti. Già 23 Stati membri dell’UE hanno introdotto divieti o limitazioni a questa pratica crudele. L’eurodeputato Kristian Vigenin ha commentato che gli enormi costi nascosti per la salute pubblica, la biodiversità e il benessere animale forniscono motivazioni decisive per una nuova legislazione. Il rapporto conferma che l’industria è fallimentare non solo eticamente ma anche economicamente, spingendo la Commissione Europea ad agire per un blocco definitivo del settore, come richiesto dall’Iniziativa dei Cittadini Europei “Fur Free Europe”.
Sono 23 gli Stati membri dell’UE che hanno introdotto divieti totali, parziali o altre misure volte a limitare l’allevamento di animali per la produzione di pelliccia. I principali paesi in cui è ancora consentito sono Polonia, Finlandia e Grecia.
L’Italia ha deliberato un divieto permanente di allevamento di animali esclusivamente per la produzione di pellicce (inclusi visoni, volpi, cani procione, chinchilla e altri) a partire dal 1° gennaio 2022. Va ricordato però che il divieto riguarda l’allevamento per la pelliccia, ma non necessariamente il commercio, l’importazione o la vendita di pellicce prodotte all’estero; ciò lascia spazi di operatività del mercato delle pellicce importate.
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