Il grande successo del pollo in Italia, mentre animali e cittadini ne pagano le conseguenze
Una recente inchiesta di Irpimedia ha messo insieme numerosi dati relativi agli allevamenti intensivi di pollo nel nostro paese che sembra stregato dalla carne bianca “più sana e necessaria” e il consumo aumenta anche fra le nuove generazioni.

“Quasi tutti gli italiani, più del 96%, consumano carne bianca e, 3 quarti, su base settimanale. C’è un grande apprezzamento da parte dei più giovani, generazione Z e millennials: circa il 40%, soprattutto negli ultimi 10 anni, ha aumentato fortemente il consumo di carne bianca”. Questa una sintesi dei dati presentati in una recente ricerca realizzata da AstraRicerche e Unaitalia, l’associazione di riferimento delle carni avicole italiane, che ha coinvolto più di 1.100 persone fra i 15 e i 75 anni d’età.
Anche se il committente è chiaramente di parte, e questo potenzialmente potrebbe influenzare il risultato, esistono altri dati che confermano questo rovinoso andazzo per gli animali e l’ambiente.
Il pollo… vola
L’inchiesta svolta da Irpimedia (Investigative Reporting Project Italy) in collaborazione con AGtivist.agency è durata quasi 5 mesi e ha voluto indagare sulla situazione degli allevamenti intensivi di pollo e maiale nel nostro paese. In Italia sono presenti 2.146 allevamenti intensivi di pollame e maiali e “dal 2014 al 2023 sono stati rilasciati 546 nuovi permessi (337 di pollame, 209 di maiali), che corrispondono a nuovi maxi allevamenti oppure ad ampliamenti di allevamenti già esistenti. Tra i Paesi censiti, siamo il secondo dopo la Spagna, per nuovi permessi”, spiega l’inchiesta.
Gli animali prigionieri
Le condizioni degli animali in questi allevamenti sono sempre le stesse: sovraffollamento, vita in gabbia, accrescimento rapidissimo grazie alla selezione genetica che ha creato i broiler – polli che non esisterebbero in natura e che presentano petti e cosce molto grandi, ossia i “pezzi” che il mercato chiede – galline ovaiole che, indotte dalla luce continua producono fino a 600 uova in un anno, quando il massimo, etologicamente parlando, si attesta su un numero che va da 180 e 300 uova l’anno.
Gli impatti sull’ambiente? Non cambiano, anzi peggiorano. Anche se spesso si pensa che gli allevamenti di polli siano meno impattanti sull’ecosistema, in realtà “la pressione puntuale degli allevamenti avicoli è mediamente molto più elevata dato che insiste su superfici e – quindi su ecosistemi – 30 volte più piccole di quelli dei bovini – spiega il professor Silvio Franco, docente del dipartimento di Economia, ingegneria, società e impresa dell’Università della Tuscia – Per esempio, l’accumulo temporaneo di pollina (il letame del pollame), oltre a creare un cattivo odore, se non gestito correttamente, può dare origine a problemi di inquinamento del suolo e delle falde acquifere”.
Il caso di Arborio e le proteste dei cittadini
Ed ecco spiegato come mai appena un’area viene interessata da un progetto di creazione o ampliamento di un allevamento avicolo, si formano comitati di cittadini che si oppongono fermamente ai lavori, come sta succedendo ad Arborio, comune in provincia di Vercelli famoso per il suo riso, dove il Comitato Rete Indipendente Solidarietà e Opposizione (RISO) chiede alla politica di bloccare questo nuovo ecomostro biologico. “Questo maxi allevamento intensivo in costruzione – spiega il comitato in un comunicato stampa – si trova ad appena 1.500m dalle prime case di Arborio, è destinato a rinchiudere 300.000 galline ovaiole, avrà una superficie complessiva di 23.800 m2, comportando un consumo di suolo irreversibile di 20.450 m2 che secondo gli Enti di Gestione del Parco del Ticino e del Lago Maggiore, “equivale alla sottrazione di un’area attualmente agricola disponibile per l’avifauna presente nell’area protetta”. L’impianto inoltre,
come dichiarato alla Provincia dai proprietari dell’insediamento, preleverà dal territorio 23.000 m3 d’acqua e immetterà in atmosfera circa 19 tonnellate di ammoniaca ogni anno, di cui non risulta stimabile l’impatto odorigeno sulle residenze vicine”.
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