Vegolosi

Uscire dall’Era delle Pandemie? Senza prevenire i danni all’ambiente non sarà possibile

Inutile puntare il dito sugli animali selvatici e sulle loro malattie, sullo spillover o sui mercati di carni esotiche: il problema all’origine di questa pandemia è l’attività umana che ha distrutto – e continua a distruggere – gli ecosistemi e la biodiversità.
Ancora una volta un panel di esperti da tutto il mondo ha realizzato un report che analizza nel dettaglio la situazione attuale e propone un’ipotesi strategica per “uscire dall’era delle pandemie”.

La IPBES (The Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) ha pubblicato negli scorsi giorni un documento molto approfondito che ribadisce alcuni punti fondamentali legati alla situazione pandemica che stiamo affrontando. “Senza strategie preventive, le pandemie emergeranno più spesso, si diffonderanno più rapidamente, uccideranno di più persone, e influenzeranno l’economia globale con maggiore gravità”. Ma in cosa consiste questa “prevenzione” e perché il problema è l’uomo con le sue attività che distruggono la biodiversità? “Lo sfruttamento non sostenibile dell’ambiente dovuto, per esempio, al cambiamento di destinazione d’uso del suolo, all’espansione agricola e
l’intensificazione, il commercio e il consumo della fauna selvatica, e altri driver, interrompe le interazioni naturali
tra la fauna selvatica e i loro microbi, aumenta il contatto tra la fauna selvatica, il bestiame, le persone e i loro
patogeni e ha portato a quasi tutte le pandemie”. Infatti, sebbene questa attuale sia una situazione di incredibile portata, la lista delle zoonosi che hanno colpito l’uomo è lunga: il virus Zika, Ebola, l’influenza SARS, lo stesso AIDS, sono tutte malattie terribili che sono arrivate da un’interazione sbagliata e non naturale con gli animali (selvatici e no) e le loro patologie.

Terremoto ecologico

Il report specifica chiaramente che lo scenario dei virus animali che potenzialmente possono colpire anche l’uomo è complesso e composto da migliaia di malattie, alcune conosciute altre completamente ancora da scoprire: “Si stima che siano circa 1,7 milioni i virus che ancora non sono stati individuati in mammiferi e uccelli, di questi da 631,000 a 871,000 potrebbero arrivare all’uomo”. I problemi sono sempre gli stessi: lo sfruttamento del suolo indiscriminato per far posto a coltivazioni intensive come quelle della soia – sfruttata per l’87% per l’alimentazione degli animali da allevamento – che hanno modificato per sempre intere aree del pianeta, come il Mato Grosso (sul tema trovate un’intera inchiesta sul numero di novembre di Vegolosi MAG);  la deforestazione causata dalla necessità di ottenere sempre nuovi spazi per far posto agli allevamenti intensivi; il cambiamento climatico con le sue temperature fuori controllo che modificano non solo gli habitat ma gli stessi cilci vitali di alcuni animali fondamentali per la catena alimentare. Tutti questi ed altre decine di problematiche stanno alla base di una modificazione continua e inarrestabile dell’ambiente che ospita l’uomo che fa parte delle specie animali e che patisce (e patirà) le conseguenze di questo terremoto ecologico. Il focus sull’alimentazione è dirimente. Come ha sottolineato anche LAV, infatti, “la domanda globale di cibi di origine animale, che vedrà nel 2050 un aumento del 70% del consumo globale di carne e latticini – e dell’80°% della sola di carne bovina – rispetto al 2010, può creare dal punto di vista sanitario situazioni potenzialmente esplosive”. Cresce la domanda, serve più spazio, gli animali aumentano, il contatto fra aree selvatiche e animali “da carne” diventa sempre più stretto, così come lo è quello fra gli animali uccisi nei macelli con gli operatori stessi. Tutte situazioni che continuano a mettere in pericolo l’intero Pianeta (su questo tema trovi un intero libro “La connessione. Virus, sfruttamento animale e alimentazione“).

Cosa fare?

La proposta dei 22 esperti che hanno stilato il rapporto non è certo nuova, ma non potrebbe esserlo dato che il problema è vecchio. Le cause sono note, le azioni che potrebbero essere messe in campo dai governi sono altrettanto chiare. Il problema è che questa presa di coscienza non arriva e la politica sta perdurando nell’ignorare gli allarmi che arrivano da decenni dal mondo della ricerca e della scienza. Lo stesso esito nefasto del voto europeo per la decisione dei fondi destinati alla PAC (Politica Agricola Comune), dimostrano chiaramente che la partita vera è inesorabilmente in mano alle persone che con le loro scelte di acquisto e con una nuova forma di consapevolezza nella scelta della propria alimentazione, del proprio modo di viaggiare e di comprare, premiando attività ecosostenibili, possono davvero fare una differenza che è, per prima cosa, economica e di conseguenza sui grandi numeri, politica.