Vegolosi

USA: si rimanda ancora per benessere animale negli allevamenti

Dopo aver fatto eliminare dai siti ufficiali i report e i documenti riguardo i cambiamenti climatici e gli abusi sugli animali, ora l’amministrazione Trump nicchia sull’aggiornamento delle norme per il benessere degli animali negli allevamenti bio. A riportare la notizia è The Humane Society, la più grande e importante associazione animalista degli Stati Uniti, che spiega come il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) abbia solo adesso – con otto mesi di ritardo – accettato di aggiornare e regolamentare le pratiche di allevamento nelle strutture che si definiscono biologiche, ritardandone però l’attuazione di altri sei mesi.

Il motivo di questi ritardi, secondo l’associazione, è presto detto: “Questa serie di rinvii non è altro che uno stratagemma per proteggere gli interessi dei grandi allevatori, minacciati dall’idea che i prodotti “biologici” saranno percepiti come migliori rispetto ai prodotti animali di produzione convenzionale”, spiega The Humane Society. Secondo quanto riportato da quest’ultima, infatti, un recente sondaggio condotto tra i consumatori americani spiega come il 60% di essi ritenga estremamente importante che gli alimenti biologici provengano da aziende agricole con elevati standard di benessere animale; in più, ricerche condotte dallo stesso USDA hanno dimostrato la disponibilità dei consumatori a spendere molto più denaro per comprare la carne di polli che abbiano avuto accesso all’aperto.

In realtà, negli Stati Uniti esiste già dal 1990 una legge che stabilisce norme nazionali coerenti per i prodotti commercializzati con il marchio “biologico”, tra le quali figurano anche considerazioni relative al benessere degli animali. Mancano, però, direttive completamente dedicate a questo argomento. L’attuazione della legge definitiva –  messa a punto anche grazie a una lunga collaborazione tra l’USDA e i piccoli allevatori – garantirà nuovi standard di benessere animale. Tra questi, la limitazione dell’amputazione della coda e del becco, l’obbligo di fornire agli animali durante tutto l’anno un accesso all’esterno e il dovere di fornire loro uno spazio interno sufficientemente ampio per consentirgli di alzarsi in piedi e allungare gli arti. Gli animali feriti o malati, invece, dovranno ricevere le cure mediche necessarie anche se, così facendo, la loro carne perderebbe lo status di “biologica”.

L’attuazione di queste norme, però, è stata ora posticipata a maggio del 2018, senza un apparente motivo. The Humane Society spiega come l’USDA abbia giustificato tutto questo “facendo vagamente riferimento a un calcolo errato utilizzato nella sua analisi dell’impatto normativo, che apparentemente richiede un riesame senza fine”. Secondo l’associazione, però, la norma in questione sarebbe già stata oggetto di analisi sufficienti durate quasi un decennio, e sia i consumatori che i produttori di alimenti “bio” sarebbero favorevoli alla sua attuazione. “Gli sforzi dei grandi allevatori per sovvertire questa legge ci dicono qualcosa gridano ad alta voce che hanno paura del movimento di massa dei consumatori verso il biologico” afferma The Humane Society, che continua: “Questa serie di ritardi danneggia l’allevamento americano, mina la fiducia che decine di milioni di consumatori hanno nel programma, e riflette l’obbedienza istintiva alle preoccupazioni irragionevoli dei grandi operatori agroalimentari”.

Preoccupazioni, quelle dei grandi allevatori, che abbiamo visto affrontare in Italia con neonata attenzione al benessere animale negli allevamenti intensivi. Pensiamo per esempio al recente caso di Rovagnati, che ha creato una linea di salumi pubblicizzati come “buoni, sani e giusti” anche per gli animali, oppure alle “stalle del futuro presentate a Ferrara, eco sostenibili e attente al benessere degli animali.

Rovagnati punta sul germoglio verde del “benessere animale”