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Europa, al bando la plastica: entro il 2021 stop ai prodotti usa e getta

L’Europa mette al bando i prodotti di plastica usa e getta: la Commissione europea ha infatti approvato in questi giorni nuove norme contro gli oggetti in plastica monouso “che più inquinano le spiagge e i mari d’Europa”. Secondo quanto previsto dalla Direttiva, entro il 2021 i Paesi membri dovranno vietare la commercializzazione di una serie di oggetti in plastica usa e getta: posate e piatti monouso, cannucce, bastoncini cotonati, bastoncini per i palloncini e contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso, così come le plastiche ossi-degradabili. La normativa prevede, inoltre, che entro il 2029 si dovrà raccogliere attraverso la differenziata il 90% delle bottiglie di plastica e che entro il 2025 le bottiglie di plastica debbano contenere almeno il 25% di contenuto riciclato, per passare al 30% entro il 2030.

Inquinamento dei mari: l’85% dei rifiuti è plastica

Come riporta la Direttiva, i numeri dell’inquinamento in Europa, sono allarmanti: “La quantità dei rifiuti di plastica, nei mari e negli oceani, sta crescendo a scapito degli ecosistemi, della biodiversità e potenzialmente della salute umana, e ciò desta diffusa preoccupazione. La spazzatura in plastica rappresenta infatti l’80/85% dei rifiuti presenti sulle spiagge e nelle acque”. A essere minacciata è soprattutto la vita degli animali marini, perché “residui di plastica si trovano ora in molti animali come le tartarughe marine, le foche, le balene, gli uccelli e varie specie di pesci e molluschi. Oltre a danneggiare l’ambiente e potenzialmente la salute umana, i rifiuti in plastica possono quindi entrare nella catena alimentare, ma anche portare danni ad attività come il turismo, la pesca e il trasporto marittimo”.

La strategia UE mira dunque a contenere i rifiuti plastici in generale, tanto che i produttori saranno chiamati a coprire i costi di gestione dei rifiuti quali mozziconi di sigaretta, palloncini e attrezzi da pesca in plastica. Queste ultime, quindi, non saranno bandite e questa pare quanto meno una scelta strana, dal momento che il 10% dell’inquinamento marino da plastica è costituto da reti da pesca abbandonate. Altri prodotti come gli assorbenti igienici e le salviette umidificate, per i quali non c’è un’alternativa, dovranno invece avere un’etichetta chiara e standardizzata che indica il loro impatto negativo sull’ambiente, mentre i contenitori di bevande dovranno essere dotati di tappi che rimangono attaccati per evitarne la dispersione.

Legambiente e Greenpeace: “Passi avanti, ma servono obiettivi concreti e attuabili a breve”

“Se vogliamo invertire la rotta – ha dichiarato Giuseppe Ungherese, responsabile della Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia – è fondamentale eliminare al più presto tutti quegli oggetti per i quali sono già disponibili alternative sostenibili. La proposta della Commissione UE è un buon passo avanti, ma è necessario avere più coraggio e ambizione: chiediamo ai membri del Parlamento Europeo di definire obiettivi precisi sulla riduzione della produzione e immissione sul mercato di imballaggi monouso. La proposta, altrimenti, è inefficace e non sufficiente per affrontare il grave inquinamento da plastica dei nostri mari”.

Anche Legambiente si è espressa sulla questione, attraverso le parole del presidente Stefano Ciafani: “Il progetto è un primo e fondamentale passo per contrastare l’inquinamento dei mari, una delle due più gravi emergenze ambientali globali insieme ai cambiamenti climatici, e più in generale per ridurre gli impatti che l’uso non responsabile di questo materiale causa all’ambiente. Non tutte le misure previste, però, affrontano alla radice i problemi veri: l’assenza di obiettivi specifici di riduzione per gli Stati membri rischia di essere controproducente. Per questo chiediamo al Parlamento e al Consiglio di mettere in atto obiettivi concreti e attuabili nel breve periodo per andare oltre la plastica monouso e per alimentare sempre di più il modello di economia circolare europeo con la gestione dei rifiuti plastici”.

Crediti foto in apertura: National Geographic