Vegolosi

“Non mangiamoci il clima”: l’appello di Slow Food per Cop21

Dopo Ciwf International, anche Slow Food si muove per invocare un cambiamento dell’agenda di Cop21, la conferenza internazionale sul clima in corso in questi giorni a Parigi. L’associazione guidata da Carlin Petrin ha lanciato infatti “Non mangiamoci il clima”, un appello per chiedere “con forza ai rappresentanti dei paesi e delle istituzioni internazionali riuniti a Parigi di prendere in seria considerazione il ruolo decisivo e centrale” del rapporto tra agricoltura e clima.

“Per arrestare il cambiamento climatico, dobbiamo cambiare il modello agroalimentare industriale, basato sul profitto e sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, e restituire valore al cibo”, si legge nell’appello, che è possibile sottoscrivere. “Il ruolo dell’agricoltura e il rapporto fra il cibo e il clima sono stati relegati ai margini della discussione, privilegiando temi come l’energia, l’industria e i trasporti. A seconda del sistema che si prende come riferimento, però – sottolinea Slow Food – l’agricoltura, l’allevamento e la produzione del cibo rappresentano sia una delle principali cause del cambiamento climatico che una delle soluzioni possibili”.

Da qui l’appello, che nasce “dalla necessità di sottolineare come soltanto attraverso un radicale cambiamento di paradigma nell’attuale sistema di produzione, trasformazione, distribuzione, consumo e smaltimento del cibo si potrà arrivare a mitigare il cambiamento climatico. Se, al contrario – prosegue ancora Slow Food – continuerà a prevalere il modello agroalimentare industriale moderno, fondato sull’uso crescente dei derivati del petrolio, la produzione su vasta scala e lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, non solo non sarà possibile invertire la tendenza, ma si influirà sempre più negativamente sull’aumento della temperatura media, che secondo il Quinto Rapporto dell’Ipcc nell’ultimo secolo ha già fatto registrare una crescita di +0,85°C”.

Il tema non riguarda però solamente il clima e l’impoverimento delle risorse le pianeta, ma è anche una questione di giustizia sociale: “Secondo un rapporto della Banca Mondiale, le conseguenze del cambiamento climatico potrebbero portare alla povertà oltre 100 milioni di persone entro il 2030. E queste persone si trovano nelle regioni più svantaggiate del pianeta”, ricorda l’appello. Un sistema basato su un grande paradosso di fondo: “La quantità di cibo prodotta nel mondo supera il necessario (potrebbe sfamare addirittura 12,5 miliardi di persone), ma dall’altro, 800 milioni di persone continuano a soffrire la fame. La soluzione, quindi – conclude Slow Food – non è l’aumento produttivo, ma un sistema completamente diverso: di produzione, distribuzione e accesso al cibo”.