Vegolosi

Leo Ferré e Pépée: un amore tragico

Chi di noi non ha mai desiderato, almeno una volta, di tenere nella propria casa un simpatico e dolcissimo scimpanzé? Il poeta e cantautore monegasco Leo Ferré (1916-1993) ebbe questa opportunità quando, insieme alla moglie Madeleine, adottò nel 1961 un cucciolo femmina di scimpanzé chiamato Pépée. A onor del vero, il poeta amava circondarsi di animali di ogni specie nella sua casa nel Chianti – cani, gatti, mucche, maiali e galline portavano i nomi dei famigliari più stretti e abbondavano nella tenuta di famiglia – e spesso comparivano nelle sue poesie, ma il rapporto con Pépée era davvero unico, tanto che il poeta dedicò alla bestiola – in seguito alla sua morte avvenuta in circostanze misteriose – anche un intero componimento, intitolato proprio “Pépée”.

“Il tuo cuore come quei tamburi
Pépée
Che tacciono il venerdì santo
Verso le tre pomeridiane
Quando un Gesù spegne soffiando
Le sue trentadue candeline
E tu ne avevi solo otto
il sette aprile sessantotto
Pépée”

(da “Pépée” in “Ferré 69”, 1969)

Quando diciamo che il rapporto di Ferrè con la piccola Pépée era “unico” non stiamo esagerando: lo scimpanzé veniva trattato come un bambino, aveva la sua stanza e i suoi giocattoli, guidava l’automobile insieme a Leo, faceva colazione con la famiglia e la sera, prima di indossare il suo pigiamino, beveva il tè e poi si accoccolava tra le braccia di Ferré. Ciò che sappiamo di questo straordinario rapporto è frutto delle memorie di Annie Butor – nata dal primo matrimonio con Madeleine – la quale racconta la vita con Pépée all’interno del libro “Come potrei dimenticare”, che mette in luce il rapporto profondo – ma anche malato – che può legare un uomo a un animale.

La convivenza con Pépée non era facile però, soprattutto per i famigliari di Leo, e la sua presenza aveva comportato un drastico cambiamento delle abitudini dei Ferré. Nel suo libro Annie racconta episodi di incidenti e aggressioni causati proprio dalla piccola scimmietta: “Un giorno stavo camminando dietro mia madre in uno dei vicoli del castello Perdrigal; Pépée era salita improvvisamente su un albero sopra di me e si era lasciata cadere con violenza sulla mia testa, dandomi poi un morso. Caddi quasi svenuta per lo spavento, gridai, ma mia madre dubitò che fosse stata colpa di Pépée. Questa aveva subito assunto un’aria innocente e aveva iniziato a baciarmi dove mi aveva morso. Lo vedi? – mi disse mia mamma – hai sbagliato. Ti sta consolando! – ma non appena mia madre si allontanò, Pépée mi diede un altro morso dolorosissimo”. La famiglia Ferré stava quindi sottovalutando i rischi connessi al tenere in casa una scimmia che, una volta adulta, avrebbe sviluppato la forza di otto uomini per più di 1 metro e mezzo di altezza.

Certo è impossibile biasimare la povera Pépée, prelevata dal suo habitat naturale e costretta a vivere, seppure ricoperta di amore e attenzioni, tra quattro mura che sicuramente dovevano sembrarle molto diverse dal luogo in cui era nata. La cucciola aveva subito un processo di antropomorfizzazione esagerato – evidente dalle numerose foto con Ferré, che la ritraggono in atteggiamenti molto “umani” – ed era stata cresciuta senza alcun tipo di regola o restrizione: Pépée, insomma, faceva ciò che voleva della casa e dei suoi abitanti. Un grande amore quello tra Leo Ferré e la sua Pépée. Talmente grande da suscitare perfino la gelosia di Madeleine che, dopo un primo momento di entusiasmo, si era vista sottrarre tutte le attenzioni del marito, che aveva occhi solo per Pépée. Si racconta che dietro alla tragica morte di Pépée ci sia stata proprio la mano di Madeleine, esasperata dal sopravvento che la scimmia aveva preso sulla famiglia e sul suo rapporto con il marito. Secondo la versione ufficiale, lo scimpanzè rimase vittima di un incidente molto grave durante un periodo di assenza di Leo Ferré da casa e, vedendola soffrire molto, Madeleine avrebbe praticato su di lei l’eutanasia senza attendere il parere del marito. Secondo alcuni, in realtà, Madeleine avrebbe messo fine alla vita di Pépée senza un valido motivo e per questo il suo rapporto con Leo si rovinò, fino alla separazione definitiva.

Non sappiamo quanto ci sia di vero dietro tutto questo, ma certamente la storia di Leo Ferrè e della sua amata Pépée può essere un monito per tutti noi. L’amore per gli animali è uno dei sentimenti più positivi e sinceri che l’essere umano possa provare, ma è bene non dimenticare che qualsiasi animale, per quanto amato e rispettato, debba sempre essere considerato come tale. Questa storia ci mette di fronte a un rapporto “malato”, che ha sottratto un povero animale selvatico al suo habitat naturale per finire i propri giorni in circostanze ancora oggi misteriose, ma che ha anche portato sofferenza e scompiglio all’interno di un nucleo famigliare che è andato per questo disgregandosi.

Ricordiamo quindi di rispettare i nostri animali in quanto tali, con le loro esigenze e peculiarità, senza cercare di renderli caricature di noi stessi: amore e non possesso, libertà e non costrizione, ecco il segreto per vivere felici con i nostri amici animali.

Leo Ferré ha dedicato una canzone a Pépée che ha inciso anche in versione italiana