Vegolosi

Il latte non è indispensabile per la crescita dei bambini

Il latte (materno) è indispensabile solo nei primissimi anni di vita e i cosiddetti latti di crescita sono inutili: a dirlo sono i pediatri e gli specialisti della rivista bimestrale UPPA in un ebook. Nello speciale ebook dedicato al latte e ai suoi derivati vengono approfondite alcune delle principali questioni riguardanti questo alimento controverso. Lucio Piermarini, pediatra di Terni, ricorda il bellissimo film a episodi Boccaccio ’70: uno degli episodi, girato da Federico Fellini, racconta la storia del dottor Antonio Mazzuolo, moralista bacchettone innamorato di una gigantografia di Anita Ekberg che pubblicizza una marca di latte. La passione insana per la donna lo condurrà in manicomio al grido di “Bevete più latte, il latte fa bene, il latte conviene, a tutte le età, bevete più latte, bevete più latte!”. Sono passati tanti anni, ma ancora oggi i pediatri sembrano cantare la stessa canzoncina.

Latte nei primi anni di vita 

Piermarini spiega che il latte è indispensabile solo nei primissimi anni di vita per assecondare la crescita impetuosa del bambino e per assicurare una corretta programmazione metabolica dell’organismo del futuro adolescente e adulto. L’effetto, però, è specie-specifico: questo implica che il bambino riceve stimoli adeguati solo dal latte materno esattamente come un cucciolo di mucca ne riceve esclusivamente dal latte di mucca. Quanto alla durata dell’assunzione, i dati mutano a seconda della specie: per quanto riguarda i bambini, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) parla dei primi due anni di vita. Al termine dei due anni il consumo di latte non è più indispensabile: le sostanze nutritive contenute possono infatti essere trovate in altri alimenti.

Le quantità

In che quantità possiamo consumare il latte, ricco di proteine e di calcio essenziali per il nostro organismo? Recentemente si è scoperto che necessitiamo di un apporto proteico inferiore alle aspettative del 30% (a un bambino dopo il primo anno basta un grammo al giorno per ogni chilo di peso) e di un apporto di calcio quantificabile in 700 milligrammi al giorno (da 1 a 3 anni) e di 1000-1300 nell’età adulta.

Senza latte e formaggi racimoliamo non più di 300 milligrammi di calcio: come fare dunque? Assumere la parte restante solo con il latte? Ovviamente no, per scongiurare un eccessivo boom proteico. Ma è proprio l’eccesso proteico – paradosso del caso – a implicare una maggiore necessità di calcio, sottratto alle ossa per tamponare la produzione di sostanze acide derivanti dal metabolismo delle proteine stesse. Nello studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), condotto su 520mila europei, si vede che l’incidenza delle fratture dell’anca aumenta con il consumo di carne, diminuisce con il consumo di verdure e rimane stabile con latte e derivati. Conclusione? Tagliare l’assunzione di carne per ridurre il fabbisogno di calcio. 

Il latte fa bene o male? 

Il latte è molto diverso rispetto a quello di 50/100 anni fa: allora, le vacche mangiavano erba e venivano munte solo dopo aver partorito, davano 5-7 litri di latte al giorno e non ne producevano più durante la gravidanza successiva. Oggi, con la selezione genetica e con una dieta iperproteica innaturale per un bovino, si ottengono fino a 30 litri al giorno anche durante la gravidanza e quello ottenuto nella seconda parte è ricco di estrogeni. Fatta questa premessa, prosegue Piermarini, è difficile azzardare certezze: è probabile che latte e derivati riducano il rischio di cancro del colon, malattie cardiovascolari e diabete purché assunti in quantità limitata (non più di 400 ml di latte o 50 gr di formaggi al giorno) e che riducano il rischio di cancro pre-menopausa nelle donne. Nessuna evidenza, invece, per il post-menopausa.

Il latte di crescita: una bufala?

Cos’è il latte di crescita? Sergio Conti Nibali, pediatra di Messina, parla di un prodotto sponsorizzato come ‘super latte’ pieno di nutrienti in grado di far crescere i bambini sani e forti: a sostenerlo anche molti specialisti, che ne raccomandano l’utilizzo dopo il primo anno di vita (negando, di fatto, le raccomandazioni dell’OMS, che invita a proseguire con l’allattamento materno fino ai due anni).

Ma è così? Non esistono studi ufficiali che ne provino l’utilità: esistono però le nette e comprovabili prese di posizione dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) e dell’OMS.

Questo è quanto dichiarato dall’EFSA:

“L’uso dei cosiddetti latti di crescita non apporta alcun valore aggiunto rispetto a una dieta bilanciata nel soddisfare il fabbisogno nutrizionale dei bambini nella prima infanzia nell’Unione europea”.

E queste le parole dell’OMS:

“I latti di crescita non sono necessari. La loro commercializzazione, oltre a creare incertezze tra i consumatori, esercita un impatto negativo sull’allattamento materno e aggiunge difficoltà economiche alle famiglie”.

Come si diceva, non esistono studi ufficiali che ne provino l’utilità: è però probabile che l’alto contenuto di zuccheri presente in questi latti speciali possa indirizzare il bambino verso sapori dolci anche in età più avanzata, favorendone l’obesità. E la questione economica, come sottolineato dall’OMS, non può andare in secondo piano: mezzo litro di latte della crescita costa quanto un litro di latte fresco intero.

Yuri Benaglio 

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