Vegolosi

“La caccia è bella e giusta”: una raccolta di favole che scatena le polemiche

C’era una volta un tempo in cui i cacciatori rivestivano un ruolo di prestigio e di grande importanza nelle varie comunità ma, per fortuna, quel tempo è passato. C’è chi, però, vorrebbe riabilitare la figura del cacciatore e la pratica venatoria agli occhi di tutti, partendo dai bambini: parliamo degli autori del libro “Il cacciatore in favola”, raccolta di 11 fiabe per bimbi dai 5 agli 8 anni nata per spiegare ai più piccoli chi è e che cosa fa davvero un cacciatore. I tre autori – Daniela Casagrande, Patrizia Filippi e Luca Gottardi – hanno tutti dei cacciatori in famiglia e, attraverso questa raccolta, vogliono far comprendere ai propri figli il loro amore per l’attività venatoria.

Il libro – che è già stato tradotto in inglese e tedesco e che agevola la lettura grazie a un carattere speciale adatto ai dislessici – vuole ribaltare lo schema delle fiabe moderne, per rifarsi invece al modello delle fiabe dei fratelli Grimm: sarebbero queste ultime, secondo gli autori, a mostrare la realtà per quello che è, con le sue gioie ma anche con i suoi dolori, le sofferenze e con l’ineluttabilità della morte. Le fiabe contemporanee, invece, sarebbero solo dei miti falsati in cui la realtà viene presentata ai bambini ricoperta da un velo di falsità e accompagnata da una certa dose di buoni sentimenti gratuiti. Una delle favole racconta di Lacrima, “un uomo dal cuore buono che gioisce per la pesca ma piange al posto del pesce”.

La critica alla caccia, secondo i tre autori, deriverebbe semplicemente dall’ignoranza che gravita attorno a questa pratica e delle motivazioni che ne stanno alla base. L’idea che viene trasmessa da queste favole, infatti, è che i cacciatori compiano un’attività buona sia per gli animali che per le persone: si spiega ai bambini come la carne procurata dai cacciatori sia buona ed essenziale per la loro crescita, ma anche che l’allevamento – per com’è oggi – sia molto più dannoso per gli animali rispetto all’attività del cacciatore nei boschi. Un piccolo coniglio, per esempio, spiega all’amico che preferisce morire dopo aver vissuto fra i prati magari predato da una poiana (o da un cacciatore) piuttosto che morire in un allevamento intensivo. Tra gli autori c’è anche chi, come Patrizia Fillippi, ha un passato da vegetariano alle spalle per protesta contro l’attività venatoria del padre e tra loro vige comunque la regola di una “cacciagione etica”, assolutamente lontana dall’attività di bracconaggio. Ma siamo davvero sicuri che sia giusto passare ai bambini il messaggio di una caccia buona e giusta? Gli autori, in alcune interviste, sottolineano come il libro sia strettamente connesso all’amore per gli animali e la natura: sarebbe forse il caso di chiedersi cosa si intenda davvero per “amore per gli animali”.

Nel frattempo sul sito Change.org è comparsa una petizione che chiede al Ministero della Pubblica Istruzione il ritiro dal commercio del volume: “Far credere ad un bambino che sia giusto uccidere un animale è una violenza inaudita e non tollerabile – si legge nel testo della richiesta – i bambini devono essere educati al rispetto della natura, dell’ambiente e degli animali e non incoraggiati ad imbracciare un fucile”. Molti i commenti sotto le firme alla petizione fra i quali, il migliore è certamente: “Abbiamo bisogno di crescere cittadini di pace.”.

 

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