Vegolosi

Dai funghi “vulcanici”, una proteina vegetale quasi a impatto zero

©Charles Cherney Photography

Durante uno studio condotto dalla NASA nel 2009 su forme di vita in grado di sopravvivere in condizioni ambientali estreme, lo scienziato Mark Kozubal scoprì, nelle sorgenti vulcaniche acide del Parco Nazionale di Yellowstone (USA), microbi che si erano adattati perfettamente a sopravvivere alle condizioni di vita delle sorgenti: dei funghi vulcanici. Oggi la startup Nature’s Fynd, di cui Kozubal fa parte, ha ricavato da questi funghi una proteina vegetale (denominata “Fy” dall’azienda), che potrebbe diventare un’alternativa quasi a impatto zero a carne e prodotti caseari.

Di cosa si tratta?

In questo caso specifico, quando parliamo di funghi (o miceti), si fa riferimento al gruppo di organismi eucarioti (costituiti da un nucleo cellulare delimitato da una membrana), che comprendono anche microrganismi come lieviti e muffe, non i funghi che più comunemente utilizziamo nelle nostre ricette. Il ceppo scoperto, il fusarium flavolapis, che in latino riprende il nome del Parco di Yellowstone (significa infatti “pietra gialla”), fa parte del regno dei funghi ed è in grado di sopravvivere a temperature estreme, come quelle vulcaniche delle sorgenti di Yellowstone.

L’aspetto della proteina Fy, ricavata dalla lavorazione dei funghi vulcanici – foto tratta dal sito della startup

Lo stesso CEO della startup, Thomas Jonas, spiega che “si tratta di un alimento integrale (whole food), non di un ingrediente. “Per fare un’analogia, – spiega Jonas – della soia si raccoglie il fagiolo, lo si lavora per estrarre la frazione proteica, lo si asciuga producendo la farina. È un processo elaborato. Nel caso di questo fungo, invece, si ha un unico elemento proteico. Immaginate qualcosa con la consistenza di un petto di pollo crudo” e aggiunge: “la nostra tecnologia si basa sulla comprensione di ciò che la natura ha già ottimizzato e prodotto da sola“, sviluppando e brevettando una tecnica di produzione che comprende un processo di fermentazione della biomassa, che secondo la compagnia sarebbe più efficiente nell’incrementare la qualità del fungo.
Questa proteina contiene 20 amminoacidi, inclusi i nove essenziali, e fibre che includono i beta-glucani, dei polisaccaridi naturalmente contenuti in cereali, batteri e funghi, che diminuiscono i livelli di colesterolo cattivo nel sangue (LDL).

E il sapore?

La proteina Fy, spiega il sito dell’azienda, ha un gusto neutro ed è molto versatile nell’uso: può essere conservata nel suo stato solido per usi analoghi a quelli della carne, può essere ridotta in forma liquida diventando la base per bevande vegetali, ma può anche essere essiccata e ridotta in farina per realizzare prodotti da forno.

Crocchette prodotte da Nature’s Fynd, ottenute dalla proteina Fy – foto tratta dal sito della startup

Sul sito dell’azienda si possono già vedere già alcuni dei prodotti, dalle crocchette alla mousse al cioccolato, ma ancora non ne è stato reso noto il prezzo. Jonas ha dichiarato: “Quello che abbiamo è una nuova base proteica. Nello stesso modo in cui dalla soia si può ottenere il latte di soia, un hamburger di soia o una barretta proteica, si può fare tutto questo anche con la proteina ricavata da questo fungo.”

Un investimento da quasi 130 milioni di dollari

La compagnia con base a Chicago ha annunciato di voler investire 45 milioni di dollari per lanciare sul mercato la nuova proteina, ma questo si aggiunge all’investimento finanziario di “Serie B” (investimento che riguarda la prima fase di sviluppo commerciale del ciclo finanziario di una startup) di 80 milioni di dollari di Breakthrough Energy Venture (guidata Bill Gates) e di Generation Investment Management LLP (guidata da Al Gore). Inoltre, Nature’s Fynd ha l’obiettivo di lanciare sul mercato i propri prodotti vendendoli direttamente ai consumatori.

Una delle sorgenti vulcaniche del Parco Nazionale di Yellowstone – fonte Unsplash

Una proteina quasi a impatto zero

Il CEO della startup ha precisato che il processo produttivo brevettato dell’azienda permette di ridurre significativamente l’impatto ambientale della produzione di proteine, generando circa il 99% in meno di gas serra, usando il 99% in meno di terra e il 90% in meno di acqua rispetto alla produzione della carne di manzo :”Siamo in un momento cruciale, in cui cambiare il modo in cui tutti noi mangiamo è fondamentale per prenderci cura della nostra salute e del nostro pianeta.” ha concluso Thomas Jonas.