Vegolosi

Pakistan, strage di cani randagi prevista nelle prossime settimane

Il Governo pachistano ha deciso di abbattere, entro i prossimi due mesi, almeno 25 mila cani randagi. A renderlo noto è l’ Organizzazione Internazionale protezione animali (Oipa) dopo aver scritto al Primo Ministro del Pakistan, Imran Khan, affinché questo massacro legalizzato venga fermato. 

L’uccisione di massa, iniziata nelle regioni di Lodhran, Kehror Pakka e Dunyapur, si sta per allargare su tutto il territorio.

Quello del randagismo dei cani è da tempo un grande problema per il Pakistan, stato in cui ogni anno vengono uccisi più di 50 mila cani per mano del Governo stesso che ne ordina l’abbattimento attraverso armi da fuoco, avvelenamento e atroci sofferenze.

I perché del massacro

In Pakistan, “Le persone hanno molta paura dei cani”, spiega Valentina Bagnato, responsabile delle Relazioni Internazionali di Oipa International, “poiché alcuni sono aggressivi per la mancanza di cibo ma soprattutto per la diffusione della rabbia dovuta alla mancanza di vaccinazioni”.

Tale timore giustifica nelle persone la convinzione per cui ricorrere a metodi inumani e crudeli sia l’unica soluzione per risolvere il problema, a tal punto che anche i cittadini partecipano alle uccisioni, impiccando o avvelenando i cani anche su commissione.

L’Oipa chiede che il Governo pakistano affronti il problema del sovrannumero di randagi attraverso soluzioni più etiche come un programma di cattura, sterilizzazione, vaccinazione e rilascio sul territorio, che non solo sarebbe utile a ridurre la quantità dei cani randagi, ma anche a evitare la diffusione delle malattie.

Secondo l’Oipa è necessario che le autorità pachistane sensibilizzino la cittadinanza attraverso la cooperazione del Governo con le associazioni animaliste, ONG locali e non, in grado di fornire le competenze necessarie alla gestione  di questi animali.

Cosa si può fare per fermare l’abbattimento

Per fermare la strage l’Oipa propone una sorta di mailbombing al quale tutti possono partecipare. Per farlo basta fare copiare il testo dell’appello rivolto al primo ministro, presente qui, e inviarlo alle e-mail spm@pmo.gov.pk e info@pmo.gov.pk.