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“Gods in Shackles”: in un doc la verità sugli elefanti indiani

L’India, da sempre considerato Paese in grado di unire magnificenza e sacralità, ci viene svelato oggi sotto un aspetto totalmente nuovo e inaspettato. Che cosa si cela veramente dietro alle leggendarie feste sacre di questo Paese? La giornalista e film maker indiana Sangita Iyer lo rivela attraverso un film-documentario totalmente inaspettato: “Gods in Shackles” (Dei in catene). Grazie alla collaborazione con PETA India, Sangita ha potuto fare un viaggio nel suo Paese natale, il Kerala, in India meridionale, dove si tiene ogni anno il “Trissur Pooram Festival”, il più importante festival in onore di Ganesh, il dio dalla testa di elefante e corpo umano, con la pancia pronunciata, in grado di rimuovere ogni tipo di ostacolo. La giornalista ha smascherato gli orrori e le crudeltà che si celano dietro a questo festival in particolare, ma che interessano anche le altre numerose manifestazioni che si tengono ogni anno in Kerala, soprattutto nel periodo tra dicembre e maggio.

Il “Trissur Pooram Festival” esiste dal 1798 ed è ritenuta una delle feste più spettacolari di tutta l’India. Dura sette giorni durante i quali si svolgono danze folcloristiche, fuochi d’artificio e cerimonie sacre, il tutto all’insegna del colore e della religiosità. Nella festa in onore del dio-elefante sono chiaramente immancabili gli elefanti, la più grande attrazione del festival. Il loro manto viene ornato con pitture, il capo cinto dal nettipattam, tradizionale copricapo indiano, e il poderoso corpo di questo animale viene arricchito con una serie di ornamenti. Lo scintillio mostrato ai partecipanti durante l’evento appare certamente straordinario, ma, in realtà, questi animali subiscono innumerevoli torture e brutalità nei templi nei quali sono tenuti, come denuncia il documentario di Sangita Iyer.

Uno scomodo film-documentario, dunque, che ha come obiettivo mettere fine alla schiavitù degli elefanti, rivelando il lato oscuro di una India nella quale questi animali vengono sfruttati con il pretesto della religione. I maltrattamenti che subiscono gli elefanti riguardano in primo luogo la loro salute fisica: sono, infatti, malnutriti e trascurati. La tecnica utilizzata per mantenere gli animali fermi è quella di incatenarli o, addirittura, immobilizzarli (sulle loro zampe infatti sono sempre presenti tagli e fenditure sanguinanti provocati dalle catene che li tengono intrappolati).

Oltretutto, durante il festival vengono impiegati solamente elefanti maschi, con ripercussioni sulla distorta proporzione di sesso attualmente presente tra gli elefanti selvatici. Come spiega Sangita Iyerci sono circa 50mila elefanti nelle foreste asiatiche e quelle indiane fanno da casa a ben 30mila elefanti, ma solamente lo scorso anno più di centocinquanta esemplari sono morti per aver subito questo tipo di torture.

Il documentario rivela anche come dietro allo sfruttamento di questi animali ci sia una vera e propria industria, che attrae turisti da tutto il mondo. Questo genere di eventi, infatti, non sono solo cerimonie sacre per gli induisti, ma rappresentano, per milioni di turisti, uno spettacolo imperdibile. Inoltre, questi stessi elefanti vengono catturati e venduti in Europa, dove vengono poi usati nei circhi, negli zoo e per le cavalcate con gli elefanti.

Il documentario, che ha vinto diversi riconoscimenti internazionali, ha già avuto delle ripercussioni positive durante le riprese: Sangita ha infatti seguito Sunder, un elefante che si trovava incatenato all’interno di un tempio e veniva frequentemente percosso. Dopo una vigorosa campagna condotta dalla PETA e da PETA India, grazie all’aiuto di milioni di sostenitori provenienti da tutto il mondo, tra i quali anche Paul McCartney e Pamela Anderson, si è riusciti a portare il caso di Sunder all’attenzione della Corte Suprema indiana. L’elefante è stato infine liberato dal tempio e gode ora di un ottimo stato di salute.

Camilla Gaetano