Vegolosi

Uomini delle caverne

Ogni settimana, uno spunto di riflessione  – spesso polemico – sulle tematiche che ci stanno a cuore.


Arnesi in selce per lacerare la pelle degli animali, prime forme di cottura del cibo, molte malattie letali, pericoli naturali, morte molto probabile in età giovanissima (età media nel Paleolitico e Neolitico? Fra i 18 e i 37 anni).

Questo lo specchio degli “uomini preistorici” che vengono citati periodicamente come esempi alimentari da chi sostiene che l’alimentazione a base di carne abbia sempre fatto parte della nostra storia. Un confronto che però – come quello fra uomo e  leoni, tigri e leopardi – non ha molto senso logico.

Davvero le nostre scelte quotidiane attuali possono basarsi su paradigmi e comportamenti tenuti dai nostri antenati preistorici? Chiediamoci: varrebbe lo stesso, quindi, anche per l’abuso sui minori (in Grecia era costume sbarazzarsi in modo cruento dei bambini con menomazioni fisiche, per esempio), o sul tema della schiavitù (i nostri antenati Romani ritenevano sensato comprare un essere umano), o per il voto alle donne (in Italia iniziarono a votare il 30 gennaio 1945). Sostenere che l’alimentazione a base di carne sia “naturale” e “normale” (citando Melanie Joy) perché così mangiavano anche gli uomini delle caverne (e sulle proporzioni fra alimenti animali e vegetali in quel periodo storico, ecco, ci sono studi in corso data la difficoltà di cacciare animali molto grandi con strumenti spesso inadeguati), forse è un argomentazione un po’ debole.

Insomma, costruire il nostro orizzonte di scelta etico e pratico sulla base del paragone con quello che è stato nel passato (al netto del fatto che il tema di discussione dell’opportunità o meno di mangiare carne è molto più antico di quanto non si creda, uno dei primi a parlarne fu Plutarco) non è logicamente sostenibile. I nostri orizzonti sociali, culturali, scientifici cambiano, evolvono e noi dovremmo farlo con loro.