Dopo 6 anni la Commissione EAT-Lancet, iniziativa scientifica globale che ha sviluppato l’idea di una dieta della salute planetaria (Planetary Health Diet – PHD) con un team di ricercatori ed esperti che arrivano da 35 paesi diversi sparsi su sei continenti, ha aggiornato il suo report sulle linee guida necessarie alla creazione di un sistema alimentare sostenibile che possa nutrire una popolazione mondiale di 10 miliardi di persone entro limiti ambientali sicuri. La sostanza rispetto al 2019 rimane pressoché invariata anche se c’è un’ulteriore puntualizzazione sul ruolo degli allevamenti intensivi e il consumo di carne come fattore climalterante.
Sintesi della revisione EAT Lancet
Il paper era stato ampiamente contestato nel 2019 dalle lobby degli agricoltori e in particolare dagli allevatori che avevano alzato gli scudi contro l’idea che quella portata avanti da The Lancet fosse solo una visione parziale del problema. Poche settimane fa la Changing Markets Foundation aveva rilasciato un’inchiesta nella quale mostrava come, negli Stati Uniti, il report del 2019 e quello che doveva ancora essere pubblicato, fossero oggetto di una campagna di comunicazione denigratoria per cercare di screditarne il valore scientifico (ne abbiamo parlato qui).
Ora il report è stato pubblicato ma pochissime sono state le testate nazionali che ne hanno riportato i contenuti.
In sintesi la commissione EAT Lancet spiega che:
- Cambiare le abitudini alimentari a livello globale potrebbe prevenire fino a 15 milioni di morti premature all’anno.
- I sistemi alimentari sono il principale fattore che contribuisce alla violazione dei cinque limiti planetari.
- I sistemi alimentari sono attualmente responsabili di circa il 30% delle emissioni totali di gas serra a livello globale. Trasformare i sistemi alimentari potrebbe ridurre queste emissioni di oltre la metà.
- Meno dell’1% della popolazione mondiale si trova attualmente nello “spazio sicuro e giusto”, in cui i diritti delle persone e le esigenze alimentari sono soddisfatti entro i limiti planetari.
- Il 30% più ricco della popolazione è responsabile di oltre il 70% degli impatti ambientali legati all’alimentazione.
Quali sono le abitudini alimentari da cambiare?
Il sistema alimentare globale, quindi, è un problema. Ma su cosa si basa e quali sono i punti sui quali è necessario operare al fine di nutrire e lasciare in salute la popolazione mondiale e il Pianeta? “In tutte le regioni – spiega il report – l’analisi rivela una carenza comune: le diete sono costantemente carenti di frutta, verdura, frutta secca, legumi e cereali integrali. In molti luoghi, l’analisi rileva anche che le diete contengono un eccesso di carne, latticini, grassi animali, zucchero e alimenti eccessivamente trasformati”. Walter C. Willett, co-presidente della Commissione e professore di epidemiologia e nutrizione presso la Harvard TH Chan School of Public Health, ha dichiarato in merito: “I risultati della Commissione rafforzano l’idea che la Planetary Health Diet sia positiva sia per le persone che per il pianeta. Aumentando la produzione e il consumo di cereali integrali, frutta, verdura, frutta secca e legumi, possiamo migliorare la salute ovunque, nel rispetto delle tradizioni culturali e regionali.
La carne, quindi. Nel report la commissione ha riportato un piano pratico da mettere in atto per poter garantire quella che loro definiscono Planetary Health Diet – PHD, una serie di iniziative complesse; “Nell’ambito di questa ristrutturazione, alcuni settori dovrebbero contrarsi (ad esempio, una riduzione del 33% nella produzione di carne di ruminanti) e altri espandersi (ad esempio, un aumento del 63% nella produzione di frutta, verdura e frutta secca) rispetto ai livelli di produzione del 2020”.
Una delle info grafiche del report: è evidente la dimensione occupata dalla porzione di alimenti animali rispetto al resto degli alimenti vegetali
Giustizia sociale = Giustizia alimentare
Altro punto imprescindibile per la commissione è quello relativo alla giustizia sociale che si trasformi anche in giustizia alimentare: “Le statistiche evidenziano le grandi disuguaglianze nella distribuzione sia dei benefici che degli oneri degli attuali sistemi alimentari – si legge nel report – Politiche nazionali che affrontino le disuguaglianze nella distribuzione dei benefici e degli oneri degli attuali sistemi alimentari contribuirebbero a garantire il rispetto dei diritti umani legati all’alimentazione.”
“Una trasformazione giusta – si legge – richiede la creazione di coalizioni con attori interni ed esterni al sistema alimentare, l’identificazione di pacchetti di azioni, lo sviluppo di roadmap nazionali e regionali per l’attuazione, lo sblocco dei finanziamenti per la trasformazione e la rapida attuazione di piani congiunti. Tali sforzi dovrebbero essere strettamente allineati con altre iniziative per la sostenibilità e la salute (ad esempio, l’Accordo di Parigi, il Quadro Globale sulla Biodiversità di Kunming-Montreal e le linee guida dietetiche basate sugli alimenti specifiche per ogni nazione). Tutti questi quadri hanno identificato azioni per i sistemi alimentari come efficaci, in particolare per la loro capacità di integrare gli obiettivi. Mobilitare e riorientare i finanziamenti è essenziale per consentire questa trasformazione”.
Necessaria quindi non solo una volontà globale ma anche azioni molto concrete e investimenti non nuovi, bensì i soliti ma indirizzati in modo differente.