Vegolosi

Pomodoro, alla scoperta di quello bio

Un terreno vocato, meglio a medio impasto, varietà ibride di maggior resistenza e l’impiego di collaudate tecniche di lotta biologica. È così che viene prodotto il miglior pomodoro bio. Rispetto alla coltivazione cosiddetta “tradizionale” cambia la resa (e il prezzo finale al consumatore), ma anche l’apporto del licopene, quel pigmento dal forte potere antiossidante che, insieme al contenuto di vitamina C, fa del pomodoro un alimento fondamentale dal punto di vista nutrizionale. Se ne è parlato nei giorni scorsi in occasione di #pomodoroalcenero, l’evento organizzato dal marchio bolognese sui campi di La Cesenate, produttore romagnolo di pomodori da oltre tre generazioni, convertitosi al biologico da più di un decennio.

Che cos’è il biologico

“La coltivazione biologica esclude completamente l’utilizzo di sostanze chimiche sia fitosanitarie che per la concimazione, che avviene solamente per via organica. Ciò significa che bisogna creare per la pianta le migliori condizioni di sviluppo e ricorrere a vere e proprie armi di difesa naturale”, ha spiegato Eleonora Grilli, tecnico della qualità di La Cesenate. Ecco allora che, per prima cosa, è importante la scelta del terreno. Per il pomodoro quello vocato è detto “a medio impasto, una via di mezzo tra il terreno sabbioso, in grado di assorbire l’acqua, e quello torboso, ricco di sostanze organiche”. Fondamentale può rivelarsi anche la vicinanza al mare: il vento asciuga l’umidità preservando i campi dalle muffe e la salinità dell’acqua che dal litorale si insinua nell’entroterra fin nei canali di irrigazione contribuisce a rendere il frutto più sapido. Poi, ci sono le diverse varietà di pomodoro: “Quelle ibride – ha spiegato il tecnico – resistono meglio e se sono a bassa acidità il gusto dolce del pomodoro risalterà di più”. Infine, c’è il lavoro paziente dell’uomo che supplisce all’impiego di pesticidi e insetticidi con il ricorso a sostanze naturali: il rame, che difende il pomodoro dai funghi, lo zolfo e il piretro, un insetticida naturale estratto dai fiori di crisantemo. La coltivazione biologica prevede da disciplinare anche una rotazione minima del terreno di tre anni. Ovvero, il campo dove quest’anno crescono i pomodori per i prossimi due anni sarà impiegato per la coltivazione dei cereali e in quello successivo per quella delle leguminose, in grado di sintetizzare l’azoto nell’aria ringiovanendo il terreno e arricchendolo di sostanze nutritive.

Perché il biologico

La coltivazione del pomodoro biologico ha una resa pari a circa la metà rispetto a quella cosiddetta tradizionale. Il prezzo per il consumatore finale, invece, cresce. I conti sono presto fatti: “Il prodotto bio finito costa di più perché a fronte di una resa più bassa ha costi di produzione maggiori. Un esempio? La rotazione dei terreni, dai 3 ai 5 anni, e la periodicità dei trattamenti. In condizioni climatiche normali, il rame – ha sottolineato Grillo – deve essere dato ogni tre giorni, il corrispettivo chimico ogni 15. Senza contare il fatto che, purtroppo, non ci sono ancora vere politiche di incentivazione del biologico”. Le motivazione per sceglierlo, però, sono molte: “Innanzitutto, la coltivazione bio comporta un impatto ambientale decisamente inferiore rispetto all’agricoltura tradizionale. E poi, nel biologico la pianta, non essendo spinta da concimazioni eccessive, mette in atto sistemi di difesa naturale che hanno un riscontro anche dal punto di vista organolettico, ad esempio, favorendo un contenuto zuccherino più alto che rende il frutto più dolce”. Ovvero, il pomodoro biologico è più buono.

Il biologico e la nutrizione

Il riscontro è anche sotto il profilo nutrizionale. Ricco di vitamina C e vitamina A e povero di calorie, il pomodoro è conosciuto soprattutto per le sue proprietà rinfrescanti, astringenti, dissetanti e diuretiche. Ma non è tutto qui. “Il pomodoro è importante soprattutto per il licopene, un pigmento appartenente alla famiglia dei carotenoidi che contrasta la formazione dei radicali liberi, svolge una funzione antiossodante e preventiva di molte patologie, anche cardiovascolari, e si assume solamente per via alimentare”, ha spiegato Renata Alleva, PhD in Biochimica, Specialista in Scienza dell’Alimentazione e Ricercatrice presso l’Irccs Rizzoli di Bologna “La sua produzione, però, è inficiata dall’uso dei pesticidi. Per questo motivo, la regola è sempre la stessa: leggere le etichette dei prodotti per verificarne l’effettiva qualità nutrizionale”.

Qualche consiglio

Oltre che nel pomodoro biologico, la biodisponibilità del licopene è maggiore nei frutti più maturi, oltre che nel prodotto trasformato. Ovvero, nel pomodoro cotto: “La pasta al pomodoro è un ottimo piatto da questo punto di vista perché garantisce circa 50 mg di licopene, meglio ancora se è condito con un goccio di olio extravergine di oliva, che ne favorisce l’assimilazione a livello intestinale”. Ovviamente, il primo criterio per scegliere un buon pomodoro rimane la stagionalità, anche rispetto alle sempre più diffuse allergie al nichel rispetto alle quali proprio il pomodoro è uno dei maggiori indiziati. “Da questo punto di vista, il pomodoro è un alimento eccessivamente criminalizzato. Se le allergie aumentano – ha ricordato Alleva – è anche perché siamo molto esposti a prodotti di bassa qualità, come possono essere quelli fuori stagione”.

Silvia De Bernardin