Vegolosi

Orti urbani: i 5 più strani del mondo

 

“Salvo il paesaggio e mangio sano”: è la filosofia degli orti urbani, una realtà sempre più in crescita in Europa e nel mondo per contrastare l’inquinamento, recuperare aree verdi nelle zone più cementificate delle città e avere a disposizione prodotti biologici a km 0. Scopriamo i 5 orti più particolari al mondo.

NEW YORK (Usa)

L’Aeroporto Internazionale John F. Kennedy a pochi km dal centro di Manhattan accoglie ben 90 compagnie aeree, 20 milioni di passeggeri l’anno e un orto! Il progetto, realizzato presso il terminal numero 5 da una compagnia aerea americana, la JetBlue, con la preziosa consulenza degli esperti giardinieri e botanici di GrowNYC, ha visto la luce dopo tre anni di tira e molla con le autorità aeroportuali, giustamente timorose del pericolo rappresentato per il traffico aereo dagli stormi di volatili, facilmente attratti dalla nuova atmosfera green.
Per questo motivo sono state scartate alcune piante che possono attirare fauna selvatica (pomodori, girasoli, luppolo – inizialmente proposto dalla compagnia per auto-produrre birra), e sono state scelte piante “innocue”, tali da scoraggiare piccoli animali indesiderati.

Sopra la spianata di cemento destinata ai 7.500 mq di spazio coltivato spunteranno quindi 1000 piantine di patate insieme a 2000 piante tra menta, rucola, barbabietole, aglio, cipolle e spinaci: il tutto impiantato in cassoni e fioriere fatti utilizzando unicamente materiale di riciclo (quasi 3000 cassette nere in plastica per il latte, imbullonate al terreno per resistere anche ai tornado), riempiti di terriccio concimato con il compost ricavato dai rifiuti alimentari dei ristoranti presenti nello stesso terminal (quasi 300 kg di scarti al giorno).

L’obiettivo dichiarato è di contribuire con il verde all’abbattimento dell’inquinamento atmosferico della zona dell’aeroporto, di rifornire i ristoranti della struttura di verdure veramente a km zero, e in un futuro prossimo di aprire lo spazio alla comunità per iniziative didattiche (l’orto è per ora chiuso al pubblico).

BERLINO (Germania)

Negli ultimi due o tre anni, la città si è colorata sempre più di verde e si è guadagnata il titolo di capitale più veg d’Europa. L’Allmende Kontor (dal nome di una forma medievale di giardinaggio comunitario) è il più grande orto urbano della città, costruito sulle piste d’atterraggio dello storico aeroporto di Tempelhof risalente al 1923. Lo scalo è stato testimone di varie importanti tappe della storia tedesca, dalla nascita della famosa compagnia aerea Lufthansa, agli anni di Hitler che ne ha voluto fare un fiore all’occhiello del terzo reich portandolo a diventare il primo aeroporto moderno d’Europa. Alla fine degli anni ‘40 ha permesso di resistere al blocco economico di Stalin e di ricevere quindi carbone, cibo e sigarette.

Dal 2008 però è stato chiuso per il numero scarso di passeggeri e abbandonato all’incuria, fino a quando una dozzina di berlinesi ha deciso di valorizzarlo con l’agricoltura, prendendo il sito in concessione per 3 anni e organizzando l’intero progetto. Al posto delle distese di asfalto e di aerei di guerra, oggi si possono vedere, sulla linea d’atterraggio, fiori, piante e ogni tipo di ortaggio ma anche cittadini che chiacchierano e si scambiano consigli utili per le loro colture.

Coltivare il proprio orto a Tempelhof è infatti molto semplice: basta ritagliarsi uno spazio, dargli un nome e non costruire nulla che non si possa rimuovere. La coltura viene eseguita seguendo i principi biologici e usando principalmente aiuole elevate e lastre di compensato.

FIRENZE (Italia)

In pieno centro storico a Firenze sorge dal 2013 un orto sociale, Orti Dipinti.
In linea con le Community Garden internazionali, che puntano sulla cultura ambientale per il recupero di zone cittadine inutilizzate o degradate, l’architetto Giacomo Salizzoni ha pensato di sfruttare in questo senso una ex pista di atletica in Borgo Pinti (da cui il nome degli Orti), prima in uso alla adiacente Cooperativa Barberi che accoglie ragazzi con disabilità e che oggi partecipano anche loro alla vita dell’orto.

L’orto è aperto a tutti i cittadini, ma sia per dimensioni, che per vocazione, non è tanto destinato alla raccolta e al consumo di verdure (che pure ci sono e anche abbondanti visto l’ottimo lavoro svolto) quanto alla didattica, alla sperimentazione, alla socializzazione, alla diffusione di una cultura ambientale, che fa della sostenibilità il suo principale obiettivo.

L’idea di partenza degli orti urbani è stata solo la scusa per cominciare. I progetti già avviati, in via di sviluppo e in attesa di sponsorizzazione, infatti, sono molteplici. Tra questi, per esempio, “L’albero dell’energia”, una struttura in legno di bambù dotata di pannelli fotovoltaici che servirà per alimentare 6 sorgenti: una webcam, un sistema
di illuminazione a led, un ripetitore wireless, un impianto sonoro, un punto di ricarica per i cellulari e una scheda Arduino (sorta di cervello elettronico che monitora lo stato di salute delle piante attraverso il livello di umidità e di fertilizzazione del terreno).

Ma le soluzioni ecologicamente compatibili non finiscono qui: per irrigare le piante vengono inserite nel terreno, al centro delle colture, delle cosiddette ampolle sub-irriganti in terracotta o in ceramica, di grandezza proporzionata all’aiuola. Queste ampolle una volta riempite d’acqua, grazie alla loro porosità, rilasceranno nel terreno l’umidità necessaria alle radici degli ortaggi per svilupparsi al meglio e per non fare evaporare l’acqua troppo in fretta, su ogni ampolla vengono posizionati dei tappi (un sasso, un sughero, ecc.), spesso vere e proprie opere d’arte in terracotta ad opera dei ragazzi dell’Istituto Barberi.

TODMORDEN (Inghilterra)

Piccola cittadina inglese di 16 mila abitanti nel West Yorkshire, da qualche anno è stata soprannominata dagli abitanti: Todmorden Incredible Edible, ovvero “Todmorden incredibilmente commestibile”.

Il motivo è presto detto: circa tre anni fa, la popolazione locale ha deciso di tentare una strada comunitaria, in collaborazione con le istituzioni, per reagire e combattere la crisi alimentare in atto.
L’iniziativa si basa sulla coltivazione di ogni genere di ortaggi, frutta e verdura sfruttando il suolo pubblico, cominciando dal pezzetto di terra intorno a casa, fino ad arrivare ai giardinetti comunali, alle aiuole, ai viali alberati e ai bordi del cimitero. Tutti i cittadini sono invitati a coltivare la terra e tutti sono liberi di raccoglierne i frutti, così, per esempio, i pendolari che tornano a casa dopo una giornata di lavoro, possono tranquillamente fare la spesa gratis attraversando il giardino della stazione e raccogliendo fagiolini o pomodori maturi.

Tutto ciò perché Todmorden vuole essere la prima città nella nazione autosufficiente dal punto di vista alimentare. Dice Mary Clear, 56 anni e nonna di ben dieci nipoti, cofondatrice del progetto Incredible Edible: “E’ un piano ambizioso. Cosa esattamente mi vieta di andare a raccogliere tutto il rosmarino della città? Niente, cosa mi vieta di rubarmi tutte le mele o tutti i lamponi? Niente, semplicemente questo non accade, abbiamo fiducia nelle persone, noi crediamo e siamo testimoni di questo, le persone sono oneste”. In pratica ciascuno raccoglie quello di cui ha bisogno, inutile prenderne di più andrebbe a male e andrebbe buttato. Invece ognuno ne prende solo la quantità necessaria e tutti quanti danno il loro contributo alla semina e alla cura.

Il successo è stato tale che l’amministrazione locale ha messo a disposizione ogni più piccolo pezzetto di terra in nome della sostenibilità e dell’aggregazione sociale, ponendosi, addirittura, l’obiettivo di diventare una città autosufficiente dal punto di vista alimentare entro il 2018.

PARIGI (Francia)

Parigi è pronta a mettere in pratica il suo piano di “vegetalizzazione urbana”: oltre a realizzare cento ettari di tetti e muri vegetali entro il 2020 allo scopo di produrre vegetali per l’alimentazione, ridurre l’inquinamento acustico e atmosferico, e il riscaldamento urbano, nella capitale sono sempre più diffusi i Jardins Partagés (JP), giardini collettivi creati e gestiti da associazioni di quartiere preesistenti o create ad hoc sulla base di un’idea partita dai cittadini o dai consigli di quartiere, in piccoli appezzamenti di terreno messi a disposizione dal Comune.

Quasi ogni quartiere ne possiede uno, per un totale di circa 50 JP: principalmente uno strumento per creare una situazione di benessere psico-fisico e relazionale, ma al contempo un’occasione per fare attività fisica e magari coltivare ortaggi adatti a una sana alimentazione. Con il programma Charte Main Verte inoltre, dal 2001 il Comune ha messo in atto un piano di sostegno, promozione e regolazione dei giardini comunitari all’interno del territorio parigino proprio a sottolineare la loro importanza per la vita della comunità parigina.

Serena Porchera

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