Vegolosi

Non è un buon momento per le alternative alla carne

“Non è il nostro momento, saremmo pazzi a pensarlo”. È Ethan Brown, amministratore delegato di Beyond Meat a parlare sulle pagine del The Guardian. Il tema è quello della crisi del mercato delle proteine alternative alla carne delle quali la sua azienda, insieme a Impossible Foods, è rappresentante anche ora in mezzo alla tempesta. Beyond, che qualche anno fa era valutata 10 miliardi di dollari, da allora ha subito un calo del 97% del prezzo delle sue azioni: “Il consumo di carne è in aumento, la cultura politica è diversa. Dobbiamo solo superare questo periodo.”

Il periodo più fosco

Ma che cosa è successo e di che cosa è fatto questo “periodo”? Secondo le analisi politiche e di mercato, negli Stati Uniti l’onda di Trump è arrivata anche nei piatti. Il modello americano presentato dall’amministrazione USA è profondamente reazionario e ha portato allo scoperto il ventre molle del paese, riportando in auge, presentandolo come vincente e nuovo, il modello machista, legato alle tradizioni, anche a tavola. Niente prodotti “finti” ma carne vera che deve “fare di nuovo grande l’America”.  “Certamente nel tessuto americano c’è un rapporto con il bestiame, con il tipo di pioniere, con l’individualismo rude, con John Wayne, e tutto è legato a questa specie di Destino Manifesto”, ha detto Brown. Un terreno sul quale il progressismo ambientalista e vegetale non ben poche speranze.

I motivi della crisi

Le lobby della carne indirizzano la politica americana da sempre. Un segnale evidentissimo lo si ebbe durante la pandemia, sempre sotto Trump: le industrie della carne furono fra le poche alle quali non venne concesso nessun tipo di fermo produttivo. L’America doveva mangiare la sua carne, anche per stare meglio.

Da anni, d’altro canto, influencer e politici dileggiano le alternative vegetali presentandole come “poco salubri”perché molto lavorate mettendo invece in risalto le miracolose proprietà delle proteine animali. Robert F. Kennedy Jr. , il segretario alla Salute degli Stati Uniti ha dichiarato più volte: “Mangio proteine, molte proteine”, riferendosi al suo consumo di carne.

Un grande impatto lo hanno avuto anche le campagne salutistiche che mettevano in guardia i cittadini dai cibi “ultra processati” segnalando come primi esempi della lista proprio le alternative vegetali (e ignorando insaccati, burger e bacon). Eppure ci sono studi scientifici che mostrano il confronto fra prodotti processati vegetali e prodotti processati animali, chiarendo che i primi sono in ogni caso più sani. La ricercatrice Johanneke Tummers ha detto: “È necessaria una maggiore sfumatura nell’attuale dibattito sugli ultra processati per evitare di demonizzare ingiustamente la carne vegetale, che potrebbe rendere più facili le scelte più sane. La carne vegetale offre un modo promettente per aiutare le persone a ridurre il consumo di carne trasformata, senza compromettere il gusto, la praticità o il valore nutrizionale”.

Sul dibattito è intervenuta anche la Società di Nutrizione Vegetariana italiana, che in un articolo ha rimesso ordine sul tema degli alimenti vegetali ultra processati: “Un vegburger di fagioli fatto in casa è la scelta migliore, certo, ma i piatti pronti vegetali risultano comunque più sani dei corrispondenti cibi animali, anche non lavorati. L’importante è controllare gli ingredienti e i valori nutrizionali, evitando in particolare i prodotti ad alto contenuto di grassi, specie se saturi, e di sale”. Questo non significa che i prodotti vegani pronti non possano essere migliorati ma che metterli sullo stesso piano di prosciutto, salsicce e hamburger animali è impossibile: fanno comunque meno male.

Un’altra questione è che la popolazione USA è culturalmente legata al cibo tradizionale e non vive il tema dell’impatto ambientale del cibo come una molla sufficiente per poter cambiare le proprie abitudini: “C’è una discrepanza tra le crescenti prove sull’impatto ambientale della carne e ciò che effettivamente guida il comportamento dei consumatori”, ha affermato Shauna Downs, che ha studiato le opinioni degli americani presso la Rutgers School of Public Health.

La situazione diversa dell’Europa

In Europa invece le cose per il momento stanno diversamente. A guidare una maggiore attenzione ai consumi di proteine animali sono paesi come il Regno Unito, la Germania, i Paesi Bassi e la Francia. Secondo recenti stime, il mercato europeo della carne a base vegetale valeva 2,47 miliardi di dollari nel 2024 e si prevede che crescerà fino a 9,54 miliardi di dollari entro il 2033, con un CAGR del 16,2% nel periodo dal 2025 al 2033. Il motivo di questa crescita è la maggiore consapevolezza sanitaria, la necessità di opzioni proteiche sostenibili e il cambiamento del comportamento, più aperto, dei consumatori verso i sostituti della carne. A guidare questa sensibilità ci sono, principalmente i giovani. In Europa è la cultura secolare e classica anche a fare da schermo al dilagare della visione americana, anche sul cibo.