Vegolosi

Le testimonianze: “40 polli al minuto e niente bagno”: diritti umani e diritti animali negati

A volte usano pannoloni perché non possono andare in bagno: sono i lavoratori americani impegnati nell’industria di pollo, che hanno finalmente trovato voce in un report diffuso dalla Oxfam, una delle più importanti confederazioni internazionali specializzata in aiuti umanitari e progetti di sviluppo.

L’industria del pollo americana tratta i lavoratori come ruote – rimpiazzabili – di un ingranaggio infernale: non ti sta bene? Avanti un altro. Per trovare persone disposte a lavorare in queste condizioni si cerca negli strati sociali più vulnerabili: minoranze, immigrati, persino rifugiati.

La storia di Bacilio 

Ex lavoratore nell’industria di pollo e oggi avvocato, Bacilio Castro confida alle telecamere quel che ha visto e sentito in anni di lavoro: “Una volta il supervisore disse a una ragazza incinta di otto mesi che nessuna poteva coprirla mentre andava in bagno, quindi doveva restare lì. Alla fine se l’è fatta addosso ed è scoppiata a piangere. E’ stato il momento più basso e umiliante della mia vita, ne ho viste di ogni ma quell’episodio resterà per sempre nella mia mente. Ho pensato che qualcuno avrebbe potuto dirlo a mia mamma o a mia sorella”. Bacilio Castro viene da una comunità indigena del Guatemala: sua madre e tre zii furono uccisi durante la guerra civile del suo Paese, che ha portato il padre a trasferirsi con lui in America. Sfinito da un lavoro tanto umiliante, ha iniziato a seguire dei corsi e a fare volontariato in un centro per il lavoro per cui oggi lavora. Si occupa di diritti dei lavoratori.

Sempre più veloci 

L’unica cosa che conta è mantenere alta la produttività, ad ogni costo. La massima velocità con cui le compagnie possono processare il pollo è raddoppiata negli ultimi 35 anni: a seconda dell’azienda, i lavoratori parlano di un range di 35-45 polli al minuto. Una cifra clamorosa, più di un pollo ogni due secondi, più di 2000 all’ora, più di 14.000 al giorno. Ogni giorno.

A che costo? Salute e sicurezza

Josè Luis Aguayo, direttore esecutivo del Centro di Giustizia per i Lavoratori del nord-ovest dell’Arkansas: “La gente ha delle aspettative, le compagnie anche di conseguenza. A queste aspettative vogliono rispondere, anche a costo di sacrificare i lavoratori a livello di salute e sicurezza”. Gli stabilimenti presso cui sono impiegati sono larghi, protetti da alte recinzioni e controllati da guardie: attorno si respira una puzza di pollo tremenda, immaginate all’interno. I lavoratori arrivano per il turno con vestiti ingombranti, costretti a stare ore sotto ad una temperatura media di 40 gradi (perché l’alta temperatura riduce la presenza di microbi nelle carcasse di pollo). Gli impianti sono pieni di liquidi, perché i polli producono sangue, interiora e grasso. Pulire richiede acqua, cloro, detergenti: a volte stanno ore in piedi immersi in pozze di sangue. Ogni lavoro sulla linea di lavoro si concentra su una singola parte dell’uccello: cambiare anche solo la parte del pollo da lavorare è utopia.

Dolores e gli altri 

Dolores, che ha lavorato in uno stabilimento Simmons dell’Arkansas, racconta di aver ricevuto tantissimi no alla richiesta di andare in bagno e di essere stata anche schernita: “I supervisor si prendono gioco di noi dicendo cose tipo ‘ti avevo detto di non bere tanta acqua e di non mangiare tanto’. Dopo aver utilizzato degli assorbenti speciali, ho iniziato con i Pampers. E non ero l’unica, anzi”. Daniel, che lavora in uno stabilimento George’s, dice che “i ritmi sono velocissimi, massacranti”. Juanita, lavoratrice della Tyson: “Se non c’è nessuno attorno, i supervisori aumentano ulteriormente la velocità. Se sono previsti 34 polli al minuto secondo la linea standard, si arriva anche a 39-40”. Conrad Odom, avvocato, denuncia condizioni atroci: “Fisicamente è massacrante, non possono fare stretching o prendere le pause che meritano. Vergognoso”.

I problemi fisici 

Ripetere in maniera continuativa certe azioni può provocare notevoli disfunzioni a livello fisico. I più comuni problemi segnalati dai lavoratori sono: dolori alle mani, rigonfiamenti e addormentamenti, tendiniti, infiammazioni di ogni sorta e sindrome del tunnel carpale. Quest’ultima patologia, in particolare, intacca i lavoratori dell’industria del pollo sette volte tanto gli altri lavoratori e non si tratta di una condizione a breve termine, ma permanente. Spesso infatti bisogna intervenire a livello chirurgico e questi lavoratori vengono quindi lasciati a casa, perché non più in grado di sostenere certi ritmi.

Ancora Conrad Odom rivela: “Problemi fisici di questa entità si ripercuotono poi anche nel riposo notturno, che risulta deficitario. Se si hanno dolori non si dorme bene”.

Myrna, Isabella, Daniel (che lavora ancora in uno di questi stabilimenti), Roberto: le storie di questi uomini e donne non possono lasciarci indifferenti. Perché – più spesso di quanto si possa immaginare – diritti animali e diritti umani dei lavoratori sono sulla stessa lunghezza d’onda. Vengono cioè calpestati in nome di una cieca e non lungimirante produttività.

Yuri Benaglio