Seneca, il vegetariano mancato

Seneca vegetariano mancato

Lucio Anneo Seneca fu un filosofo stoico di I secolo d.C. Molti ne conoscono il nome e qualche citazione; alcuni ricordano che visse alla corte di Nerone in qualità di precettore dell’imperatore e che fallì miseramente nel tentativo di trasformarlo in un principe illuminato; pochi sanno che, in gioventù, fu anche vegetariano.

All’inizio dei suoi studi filosofici, infatti, Seneca iniziò ad astenersi dal consumo di carne grazie agli insegnamenti del neopitagorico Sozione, come racconta in una delle tante epistole scritte all’amico Lucilio (Epistulae ad Lucilium, 108, 17-22)

«Non mi sentirò imbarazzato a rivelarti quale ardente entusiasmo Sozione mi abbia ispirato per Pitagora. Egli mi esponeva i motivi per cui Pitagora si era astenuto dalle carni animali e perché successivamente Sestio fece altrettanto. […] Sestio riteneva che l’uomo dispone di un’alimentazione sufficiente senza versare sangue e che la crudeltà si trasforma in abitudine, quando lo squartare è divenuto un piacere. […] Ma Pitagora sosteneva che esistono un legame di tutte le cose tra loro e un sistema di trasmigrazione delle anime che assumono forme diverse».

Secondo i pitagorici, infatti, come peraltro in alcune dottrine orientali tuttora praticate, le anime sarebbero state “assegnate” di volta in volta ora a un corpo, ora a un altro, ora a un uomo, ora a un animale domestico, selvatico o acquatico. Queste basi di certo fecero di Seneca uno dei campioni di quella che i latini chiamavano humanitas e che all’epoca del filosofo era da intendersi come un sentimento di filantropia che porta l’essere umano a sentire i bisogni e i dolori degli altri uomini.

Non a caso Seneca fu il primo cittadino romano a rivedere la posizione degli schiavi e a considerarli persone e non cose, dedicando un’intera lettera all’argomento. Il passo verso l’empatia anche con le altre specie di esseri viventi fu davvero breve e l’autore stesso racconta i benefici della sua vita da vegetariano in un brano della lettera.

«Stimolato da queste considerazioni, cominciai ad astenermi dalle carni animali e dopo un anno tale consuetudine era per me non solo facile, ma anche gradevole. Avevo l’impressione che il mio animo avesse maggiore vitalità».

Ma allora perché Seneca smise di essere vegetariano e ricominciò a mangiare carne, seppure in minima quantità? A vietarglielo fu il padre.

«La mia prima giovinezza coincideva con gli inizi del principato di Tiberio Cesare: in quel tempo venivano messi al bando i culti stranieri e tra le prove di superstizione si poneva l’astinenza dalle carni di certi animali. Allora, per espresso desiderio di mio padre, che non temeva le false accuse, ma detestava la filosofia, tornai alle mie precedenti abitudini; ed egli non trovò difficoltà nel persuadermi a nutrirmi “meglio”».

Un vero vegetariano mancato (peccato!) che ci ha lasciato opere di incomparabile profondità. Un autore da leggere, assolutamente.

Chiara Boracchi

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