Lambrusco vegano: il primo è di Modena

Il gusto, l’aspetto, il sapore e il grado alcolico sono identici a un vino tradizionale…cosa contraddistingue allora un vino vegano?

vino vegano

Quest’anno il Vinitaly, manifestazione arrivata al 50esimo anniversario, celebrerà un nuovo arrivato: il primo lambrusco vegano prodotto dall’azienda TerraQuilia in provincia di Modena. E’ vero, il passo non rappresenta una novità assoluta nel panorama enologico nazionale, visto che alcuni vini “vegan approved” sono già venuti alla luce in Veneto, Valle d’Aosta e Toscana. Ma per la prima volta il vino protagonista è della varietà del lambrusco e del pignoletto. Come afferma il patron Romano Mattioli: “le nostre vigne sono immerse nella natura, e fin dall’inizio siamo partiti con una mentalità ben precisa: fare un prodotto naturale, rispettando lo splendido contesto nel quale abbiamo la fortuna di poter lavorare. Siamo andati avanti su questo percorso, sviluppando prima i prodotti biologici e arrivando fino al vegano”.

Che cos’è il vino vegano?
Il vino vegano è un vino che non contiene ingredienti di origine animale al suo interno e che viene prodotto con processi che escludono l’utilizzo di qualsiasi sostanza di origine animale – ammesse dalle attuali normative e più o meno utilizzate – come le gelatine utilizzate per le chiarifiche, la colla di pesce, l’albumina, la chitina, il sangue di bue… tutti prodotti solitamente utilizzati per rendere il vino più limpido.

Il sapore
Molti si chiedono con scetticismo che sapore abbia il vino vegano nell’errata convinzione che esso non sia in realtà un vero vino ma piuttosto una sorta di “vino analcolico artificiale”. E’ bene precisare invece che il vino vegano ed in generale il vino biologico mantengono assolutamente il gusto, l’aspetto, il sapore ed il grado alcolico del vino tradizionale, si tratta solo di un vino più naturale perché prodotto da vigneti coltivati in modo naturale senza ricorrere a procedimenti chimici.

vegan-iceaEsiste da poco una certificazione Vegan per il vino, rilasciata dall’Icea di Bologna che, dopo un lungo iter procedurale, ha definito un disciplinare molto preciso che prevede l’eliminazione, dall’intero ciclo di lavorazione del vino, di coadiuvanti tecnologici, filtri, membrane e altri ausiliari di fabbricazione di origine animale. Il disciplinare voluto da Icea è molto puntuale anche sulle indicazioni da riportare in etichetta, compreso il divieto a ogni riferimento ad abbinamenti con carni, formaggi e uova.

Se un produttore non vuole seguire la strada della certificazione – che lo obbliga a una precisa prassi burocratica e a conseguenti costi – ma vuole indicare comunque un vino per tutti coloro che hanno deciso di vivere cruelty free, può menzionare in etichetta il Regolamento Europeo 1169/11, art. 36 (b), in cui esplicitamente si dice che su base volontaria il produttore può inserire informazioni relative all’idoneità di un alimento per vegetariani e vegani.

Vino vegano, cos’è e come fare a riconoscerlo

Serena Porchera

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