I finanziamenti pubblici alla carne bloccano lo sviluppo degli alimenti vegetali: la ricerca

Uno studio ha analizzato i dati europei e americani del rapporto fra lobby della carne e politica: i risultati parlano chiaro.

Uno studio condotto dal team della Stanford Doerr School of Sustainability dell’Università di Stanford negli Stati Uniti e guidato dalla ricercatrice Simona Vallone insieme a Eric Lambin ha mostrato come il sistema di finanziamento pubblico Europeo e Americano nei confronti del settore della carne e dei suoi derivati (compresi latte e formaggi) stia bloccando lo sviluppo industriale e culturale delle alternative alla carne.

I dati e le analisi

Secondo la ricerca la politica europea e quella statunitense muovono i propri finanziamenti pubblici a favore dell’industria della carne in modo da “mantenere lo status quo degli interessi acquisiti”. L’analisi ha preso in esame la situazione dei finanziamenti in Europa e negli Usa nel periodo che va dal 2014 al 2020: “Gli allevatori dell’Unione Europea hanno ricevuto finanziamenti pubblici 1.200 volte superiori a quelli delle aziende che si occupano di sostituti vegetali o di carne coltivata. Negli Stati Uniti, gli allevatori hanno ricevuto finanziamenti pubblici 800 volte superiori”. L’enorme divario non è solo una questione politica (che pure è enorme) bensì anche culturale perché, come spiega sempre la ricerca – anche le linee guida nazionali sull’alimentazione in Europa e negli Stati Uniti seguono lo stesso tipo di approccio: “Quasi tutti i Paesi dell’UE consigliano di limitare il consumo di carne ad alto contenuto di grassi, sale e/o carne rossa e menzionano i legumi come possibile sostituto della carne. Tuttavia, solo una minoranza di Paesi ha menzionato i prodotti vegetali come alternative valide. Negli Stati Uniti e nella maggior parte delle linee guida dell’UE non è stato menzionato il legame tra prodotti animali e impatto ambientale. Solo quattro Stati membri dell’UE (Belgio, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia) hanno esplicitamente collegato la sostituzione dei prodotti di origine animale con alimenti di origine vegetale ai benefici ambientali”.

I costi ambientali e non solo

Emerge quindi un problema grave e di fondo: il sistema legato alla produzione di carne e derivati è profondamente legato economicamente ai sussidi governativi che intervengono regolarmente per appianarne problematiche economiche o culturali con campagne promozionali. Su Vegolosi.it abbiamo parlato, per esempio, delle campagne pubblicitarie finanziate con fondi Europei che avevano come obiettivo migliorare l’immagine del consumo di carne presso i consumatori. Ci furono, solo per citare le più famose, la campagna “La stellina della carne bovina” che voleva “reagire alla cattiva informazione su un alimento importante e sano come la carne rossa” e quella dedicata alla carne di coniglio pronta a “difendere grandi filiere italiane come coniglio e uova”. Di recente l’assessore lombardo all’Agricoltura e Sovranità alimentare Alessandro Beduschi ha già annunciato, durante una riunione di settore con i maggiori consorzi di produttori di carne, che ci saranno “piani di rilancio” per un settore che, per sua stessa ammissione è sotto stress con allevamenti che chiudono ed importazioni dall’estero sempre più consistenti. Esistono riunioni di settore e incontri politici fra produttori del settore delle alternative alla carne e governi? La risposta è “no”. 

La conclusione è semplice ed è uno dei due autori della ricerca a spiegarlo in un’intervista al The Guardian: “Al momento non ci sono condizioni di parità”, ha detto Lambin. “Il nuovo settore delle alternative vegetali deve avere la possibilità di espandersi e diventare più efficiente. Dopodiché, saranno i consumatori a giudicare se è di loro gradimento o meno, e gli scienziati a valutare se è davvero migliore per l’ambiente e per la salute. Ma se questo settore non riuscirà a svilupparsi su una scala tale da permetterci di fare questa valutazione, sarà un’occasione persa per passare a un sistema alimentare sostenibile”.

Questo passaggio, però non va dimenticato, non è solo di carattere politico, con la necessità di interventi non faziosi bensì volti all’interesse comune, ma anche culturale con la necessità da parte dei media di aprirsi a queste tematiche, raccontando la verità senza temere le ripercussioni e i “ricatti” pubblicitari delle lobby della carne: senza questo passaggio, nessun tipo di tentativo transizione sarà davvero possibile o tanto meno efficace.

 

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